Quando si parla di tutela degli animali si incontra sempre qualcuno che trova eccessiva la difesa di esseri considerati da sempre inferiori all’uomo.
“Prima di combattere per i diritti degli animali bisogna pensare ai diritti degli esseri umani!”
È il ritornello che in tanti borbottano infastiditi, scuotendo la testa davanti a considerazioni che, ai loro occhi, appaiono affette da un patologico fanatismo.
La religione e la scienza hanno messo l’uomo al centro di tutto il creato… e di conseguenza tutto il creato deve ruotare intorno all’uomo!
“Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza”
E su questo dogma sono state costruite tante teorie che hanno la sola funzione di legittimare la violenza, lo sfruttamento e il sopruso.
Non solo sugli animali ma anche sugli esseri umani.
Il razzismo, purtroppo, ha la pretesa che qualcuno sia superiore a qualcun altro.
I nazisti avevano delle ragioni per chiudere gli ebrei nei campi di concentramento e per usarli o ucciderli a piacimento. Per loro esisteva una superiorità ariana indiscutibile.
In tempi più lontani era legale lo schiavismo e si poteva comprare e usare senza limitazioni la vita di esseri umani ritenuti inferiori.
Un principio di superiorità legittima da sempre le peggiori nefandezze, giustificando, in nome di una presunta supremazia razziale, gli abomini di qualsiasi genere.
Il razzismo si annida nelle pieghe di un pensiero distorto e non fa distinzione tra uomini e animali ma, in nome di un’indiscussa egemonia, rende lecito servirsi di altre creature come se fossero oggetti privi di sensibilità e di valore.
Poco importano la loro disperazione e la loro sofferenza.
La crudeltà è lecita e, poiché sono giudicati inferiori, il loro dolore può essere ignorato e scivolare via senza lasciare nessuna traccia.
Ma chi si occupa tutti i giorni di maltrattamento e violenza, chi lavora a stretto contatto con il disagio umano, non può non sapere che dietro ogni sopruso, dietro ogni prepotenza e ogni ingiustizia, esiste una cultura intrisa di razzismo.
Infatti, ignorare il dolore degli altri è, purtroppo, l’unica radice di questo nostro mondo malato di sofferenza.
Ecco perché permettere lo sfruttamento, l’allevamento, la vendita e l’acquisto di altre vite significa coltivare la violenza.
Ignorare la sofferenza è la causa principale di quella patologia, oggi tanto comune, chiamata indifferenza.
Il dolore è uguale per tutti.
È dolore e basta.
Uomini o donne, bianchi o negri, ariani o ebrei, animali o esseri umani… non c’è differenza, il dolore è identico.
La tortura è uguale.
Sottovalutare questo principio elementare dell’empatia significa amputare da se stessi la sensibilità e limitare la propria percezione dei sentimenti e dell’amore.
Questo meccanismo contribuisce a creare il mondo carico di prepotenza in cui viviamo.
La violenza è sempre immorale.
Per giustificarla e tollerarla è necessario ottundere la propria coscienza con un meccanismo psicologico che non è privo di conseguenze.
È difficile non vedere e non sentire la sofferenza degli altri, per farlo bisogna censurare la propria comprensione della realtà, ottundere i neuroni a specchio, anestetizzare l’intelligenza emotiva.
Tutto questo ha delle ripercussioni sull’equilibrio psichico.
Perché non è possibile uccidere la sensibilità e continuare a mantenere vive la lucidità, la capacità critica e l’attenzione.
Autorizzare il maltrattamento degli animali vuol dire permettere lo sfruttamento di chi è più debole, meno intelligente, meno capace di reagire e di difendersi.
Vuol dire affermare un principio di ingiustizia che l’inconscio inevitabilmente renderà attivo anche in altre sfere della nostra vita.
L’inconscio, infatti, non distingue tra i diversi aspetti della percezione e trasferisce le acquisizioni da un settore all’altro, senza limitazioni.
Perciò, se abbiamo vissuto un trauma, che sia affettivo, professionale, fisico o sociale ne paghiamo le conseguenze in tutti i campi.
E, allo stesso modo, quando condividiamo un principio, una regola o uno stile di vita l’inconscio ne trasferisce le proprietà in tutte le circostanze.
Lo sanno bene quanti ogni giorno combattono con l’insicurezza o con le paure.
Non è possibile arginare le proprie ansie perché dilagano dappertutto, limitando notevolmente le possibilità di espressione personale anche nei settori che apparentemente hanno poco a che fare con quei disturbi.
Così, trincerarsi dietro l’indifferenza e affermare un principio razzista volto a sostenere la presunta superiorità di una razza su un’altra provoca inevitabilmente una tolleranza e una liceità del sopruso che l’inconscio estende anche ad altri settori della vita.
Chiudere le porte dell’amore davanti alle creature più deboli, di qualsiasi specie esse siano, incrementa il cinismo e indurisce il cuore.
È il presupposto di ogni guerra, di ogni massacro, di ogni tortura, di ogni infamia.
Riconoscere la sofferenza anche in chi consideriamo diverso da noi, costituisce l’antidoto più efficace alla violenza di qualunque tipo.
Soltanto quando avremo eliminato ogni superiorità fra gli esseri viventi, costruiremo finalmente un mondo migliore.
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