Paura, tachicardia, ansia improvvisa e immotivata, tremori, capogiri, black out mentale, vertigini, sudori freddi, irritabilità, fragilità emotiva… sono soltanto alcuni degli innumerevoli sintomi che caratterizzano l’attacco di panico, il male psicologico più diffuso in questi ultimi tempi.
Le problematiche psichiche sono da sempre la spia di un disagio nella società.
Un tempo l’isteria indicava l’eccessivo moralismo e la repressione sessuale.
In seguito la depressione ha messo in evidenza i danni psicologici del consumismo e della competitività.
Oggi il dilagare dell’attacco di panico segnala l’amputazione della creatività, della sensibilità e dell’intuizione.
Il panico, che consegue alla repressione di quasi tutte le funzioni dell’emisfero destro del cervello, genera un sintomo creativo e si manifesta con modalità creative, cioè originali, imprevedibili e diverse per ognuno.
Il nostro stile di vita è crudele con la creatività.
Viviamo nella civiltà dell’usa e getta.
Dobbiamo assecondare il mercato, tenere in piedi l’economia, distruggere senza recuperare mai niente.
Bisogna comprare, comprare, comprare… cose sempre nuove, sempre diverse e sempre meno utili.
Per la creatività c’è poca tolleranza.
Inventare, riciclare, ingegnarsi, ideare, trasformare, riadattare, sono attività che intralciano le leggi del commercio, espressioni troppo individuali, economiche o imprevedibili per un popolo di consumatori.
Di sicuro, creare, è poco competitivo.
Poco conformista, poco omologabile, poco dominabile, poco lussuoso, poco riproducibile, poco monetizzabile, poco inquadrabile, poco standardizzabile e poco costoso.
Insomma, l’invenzione personale non va d’accordo né con il commercio né con la globalizzazione!
Ma siccome la dittatura si è travestita da democrazia, la creatività non è vietata… è sconsigliata.
Nella nostra società i veri creativi non sono benvisti e, spesso, chi possiede una personalità creativa, sentendosi diverso, emarginato o inadeguato, finisce per vivere male e con sofferenza la propria autenticità.
Progressivamente (ma inesorabilmente), la creatività, la sensibilità e l’intuizione sono state eliminate dal repertorio dei comportamenti abituali.
La principale artefice di questo annichilimento è la scuola.
I programmi scolastici, infatti, favoriscono l’emisfero sinistro del cervello, quello preposto alla sequenza, alla logica e alla matematica, e censurano l’emisfero destro, sede della creatività, della sensibilità e della sintesi.
Il nozionismo è la discriminante favorita, per avere successo negli studi.
Lungo tutto il percorso scolastico, dalla prima elementare fino al test d’ingresso per l’università, gli studenti sono incentivati ad abbandonare progressivamente l’uso dell’emisfero destro e, giunti al termine degli studi, di fantasia, inventiva, intuizione, immaginazione e originalità non rimane più quasi nessuna traccia.
In più: se durante gli anni della scuola la creatività non favorisce il successo, per entrare nel mondo del lavoro è ancora meno utile e, di certo, non aiuta a trovare un impiego!
Per lavorare, infatti, si deve essere: accomodanti, disponibili, poco esigenti, accondiscendenti e pronti al sacrificio.
Purtroppo, però, quando la creatività non trova spazi per potersi esprimere, si manifesta nell’unico luogo rimastole accessibile: il corpo.
E produce sintomi creativi che ne segnalano la presenza insieme con la sofferenza e la repressione.
L’espressività individuale maltrattata e annientata per troppo tempo, produce un malessere fantasioso, originale, e imprevedibile come l’attacco di panico.
Manifestare un sintomo somatico, generare un dolore nel corpo, sono le uniche cose che ancora le è concesso di fare per segnalare uno stile di vita diventato pericoloso.
“Aiutami a cambiare senza cambiare niente, mantenendo inalterate tutte le mie insane abitudini stereotipate e poco creative!”.
Questo sembra essere il messaggio criptato dietro quella paura che assale all’improvviso.
La creatività condensa in un segno tanti significati e l’attacco di panico è un sintomo che porta le stimmate della creatività.
Si manifesta quando all’unicità interiore non è rimasta più nessuna possibilità di esprimersi e racconta, con il malessere fisico, una sofferenza psicologica che non si può comunicare a parole perché chi ne è portatore l’ha nascosta anche a se stesso.
(Bisogna essere dei creativi per avere una patologia che sfugge alle diagnosi e produce sintomi sempre diversi)
L’attacco di panico nasconde e mostra la paura per l’annientamento del pensiero individuale e segnala una staticità nelle funzioni dell’emisfero destro del cervello.
È il sintomo di un tradimento agito contro il proprio cuore, la propria sensibilità e la propria intuitività.
Ecco perché, per curarlo i farmaci non bastano.
Bisogna riprendere in mano il bisogno profondo di inventarsi la vita, di cambiare se stessi e di cavalcare le proprie fantasie.
I sogni e i desideri raccontano i talenti individuali di ciascuno.
Reprimerli, in favore di un’esistenza omologata e conformista, è una violenza che uccide l’espressività personale e fa ammalare di paura.
L’attacco di panico racconta sulla pelle e sul corpo, lo sgomento per una sensibilità che si è dovuta anestetizzare nel tentativo di normalizzarsi.
È un sintomo imprevedibile e rivendica il diritto all’imprevedibilità, perché imprevedibile è l’esigenza di ascoltare se stessi e imprevedibile è la creatività da cui scaturiscono il cambiamento e l’inventiva.
Riscoprirsi diversi e ricreare ogni volta la nostra realtà, sono i doni che abbiamo perso nello sforzo di renderci normali, e la loro mancanza genera il panico.
Non si può vivere senza assecondare il cambiamento, seguendo il ritmo del proprio cuore.
La creatività è una medicina economica e naturale, tutti ne abbiamo bisogno per vivere.
Quando la eliminiamo dal repertorio delle scelte, togliamo a noi stessi l’unicità e sprofondiamo nella paura.
Chi è creativo non può essere normale.
La normalità annienta la personalità nel conformismo e toglie alla vita il suo significato.
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