Gli animali possiedono una conoscenza molto diversa dalla nostra.
Per loro la parola d’ordine è autenticità e i sentimenti sono al primo posto nella comunicazione.
Ciò che vivono non lo nascondo e non lo giudicano.
Lo accolgono.
E si comportano di conseguenza.
Per gli esseri umani, invece, assuefatti alla dissimulazione imposta dalla civiltà, è difficile anche soltanto credere che una cosa simile si possa definire… cultura.
Ciò nonostante, gli specialisti della psiche ritengono che la capacità di esprimere e riconoscere le emozioni sia un segno di intelligenza e di maturità, la definiscono: competenza emotiva e individuano nella sua mancanza un requisito della patologia.
Lo psicologo americano Daniel Goleman è stato il primo a sottolineare il valore di questo tipo di intelligenza, evidenziandone l’aspetto imprescindibile nelle relazioni umane.
“L’intelligenza emotiva coinvolge l’abilità di percepire, valutare ed esprimere un’emozione, l’abilità di accedere ai sentimenti, l’abilità di capire i vissuti e la conoscenza intima e l’abilità di regolare le emozioni per promuovere la crescita affettiva e intellettuale”
È interessante notare come la capacità di valutare, utilizzare, comprendere e gestire ciò che si agita nel mondo interiore si applichi perfettamente al sapere degli animali mettendo in luce le peculiarità della loro cultura.
Il linguaggio e la comunicazione degli animali, infatti, sono interamente basati sull’espressione delle emozioni.
(Non sorprende che la loro esistenza sia priva di patologie mentali.)
Naturalmente mi riferisco agli animali selvatici, cioè quelli che non vivono a stretto contatto con l’uomo e perciò sono portatori dei propri valori intimi e sociali.
Gli esseri umani, al contrario degli animali, presentano non pochi problemi nella decodifica dei linguaggi emozionali e in loro la distorsione costante della comunicazione affettiva determina un alto tasso di sofferenza psichica.
Per la nostra specie parlare dei sentimenti è difficile, se non proprio impossibile, e crea spesso vergogna e imbarazzo.
Al punto che consideriamo di serie B chi possiede un sapere totalmente basato sulla partecipazione emotiva.
La condivisione immediata e spontanea dei vissuti interiori ci appare il simbolo di un modo di fare rozzo e bestiale, e per questo, più che un valore, la consideriamo un segno di scarsa intelligenza.
Nei nostri vocabolari, infatti, la parola: “animale” indica l’antitesi della parola: “umanità”.
Ma è proprio vero?
Le bestie sono realmente delle creature brutali e prive di sentimenti come le ha dipinte fino ad oggi l’immaginario collettivo?
O, piuttosto, abbiamo proiettato su di loro tutti quegli atteggiamenti e comportamenti che ci è difficile riconoscere in noi stessi e che per questo preferiamo collocare all’esterno?
L’immediatezza emotiva ci spaventa e ci mette in difficoltà.
Abbiamo imparato a nascondere la nostra verità e, per sentirci parte di un gruppo, rinunciamo ad ascoltare le tante voci che animano la vita intima.
Siamo convinti che sia meglio zittire quel mormorio interiore in favore di un più rassicurante e anestetizzato conformismo sociale.
Ma tutto ciò che nascondiamo alla coscienza finiamo per combatterlo fuori, coltivando i pregiudizi e la crudeltà che invece vorremmo eliminare dalla nostra vita.
Nascono così le specie di serie A e quelle di serie B.
Prendono forma da un’arbitraria suddivisione di giusto e sbagliato.
Spaccano il mondo in buoni e cattivi.
I buoni sono le creature “prescelte” da Dio, cioè gli esseri umani.
I cattivi sono tutti gli altri.
Da questa contrapposizione scaturiscono le violenze e le guerre che ammalano la nostra civiltà.
La psiche umana, infatti, non può cancellare da se stessa l’autenticità e, nel tentativo di elevarsi al di sopra della propria realtà, finisce per inseguire un’immagine irraggiungibile e idealizzata.
Questa perdita di contatto con la vita interiore provoca tanta sofferenza e tante distorsioni nelle relazioni, e causa un profondo disprezzo per la sensibilità emotiva e per gli animali.
Una volta catalogate come portatrici di una pericolosa istintualità le bestie perdono, per gli esseri umani, ogni diritto al rispetto e alla reciprocità.
Ma, soprattutto, perdono il riconoscimento della loro cultura.
Sono proprio gli animali, infatti, quelli che ci ricordano con l’esempio delle loro scelte l’importanza dell’ecosistema e il valore della verità, mostrandoci un sapere che non prevede maschere, convenienze o formalità.
La cultura degli animali è una cultura che non ha bisogno di parole perché è in contatto diretto con la Totalità.
Una cultura che non deve nascondere l’autenticità e sa accogliere con umiltà i propri limiti, forte di una conoscenza capace di guardare con sincerità la vita intima e l’ambiente a cui appartiene.
Da sempre la civiltà degli animali regala un insegnamento prezioso alla specie umana, troppo impegnata a fare i conti con la paura di ciò che alberga nel proprio cuore per scorgere la bellezza della verità.
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