OLTRE IL PROGETTO

La nascita di un figlio non avviene nel giorno in cui esso viene al mondo.

Il figlio nasce prima di tutto da un pensiero, e questo pensiero può essere più o meno antico o recente.

Ci sono persone che sentono il desiderio di genitorialità e immaginano il loro figlio anche prima di avere un rapporto di coppia importante e significativo, così come ci sono persone che faticano a costruire l’immagine di un figlio anche quando esso è già fisicamente presente nel grembo materno.

Per far sì che un figlio venga al mondo in maniera efficace, è necessario che esista un pensiero su di lui.

Questo pensiero è fondamentale affinchè egli possa essere accolto come persona unica e irripetibile, affinchè venga accettato per quelle che sono le caratteristiche che lo delineano e lo differenziano da chiunque altro.

Quando arriva un figlio, chi lo accoglie condivide una certa progettualità su di lui.

È impossibile chiedere ai genitori di non fantasticare sulla propria creatura, impossibile chiedere costantemente di non proiettare su di lui paure, desideri e aspettative.

Spesso questi meccanismi avvengono in automatico perché noi stessi ne siamo stati investiti.

Ciò che conta quindi è un livello di consapevolezza, da parte dei genitori, su come questi meccanismi si palesano nel quotidiano e sui rischi che si possono correre quando dominano la relazione tra genitore e figlio.

Andare oltre il progetto significa quindi contemplare l’inatteso, accoglierlo come un dono di novità, come un atto di crescita generazionale inevitabile e sana.

 

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Angelo è un padre molto esigente, i suoi 2 figli sono la proiezione di ciò che lui non è potuto essere.

Cresciuto tra tanti fratelli più grandi di lui e tutti laureati, ha vissuto la sua infanzia combattuto tra il desiderio di una adultità precoce e quello di superare in bravura gli altri, in modo da essere lodato e riconosciuto dai suoi genitori.

Molto giovane, decide di metter su famiglia, rinunciando però al sogno carrieristico in quanto obbligato a mollare gli studi per cercare un lavoro e mantenere la famiglia.

I suoi figli diventano la proiezione dei suoi desideri non realizzati, fallendo costantemente e vivendo in uno stato di frustrazione altissimo.

Il più grande, Alessandro, era, agli occhi del padre , un guerriero, adatto alla carriera militare da laureato perché forte e intelligente allo stesso tempo.

Ogni concorso provato diventava l’ennesimo fallimento ed il padre lo avviliva per non essersi impegnato sufficientemente, nonostante le tante notti passate a studiare e una vita sociale praticamente inesistente.

Il padre non capiva che dietro i fallimenti del figlio era celata una implicita richiesta di essere se stesso e nemmeno Alessandro si rendeva conto che la scelta di un lavoro nell’arma era la proiezione dei desideri paterni.

Pertanto egli arriva in terapia con la richiesta di placare i suoi stati d’ansia in modo da poter superare i concorsi.

La terapia si rivela per lui salvifica perché nel corso dei colloqui inizia a prendere consapevolezza dei suoi reali desideri e piano piano riesce a comunicarli al padre, andando oltre quel progetto designato.

Riesce finalmente ad ascoltare i suoi sogni più profondi e a realizzare, con grande successo, ciò che realmente lo rendeva felice, gratificato e soddisfatto, desideri che prima non avevano nemmeno la possibilità di essere pensati e accolti consapevolmente e che aveva spesso seppellito in nome di una alleanza paterna frustrante e dolorosa.

Martina Mastinu

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