LA DIFFICILE INFANZIA DEI MAGHI

La saga di Harry Potter ci racconta le difficoltà che i maghi vivono durante l’infanzia, mostrando le angosce attraversate quotidianamente dalle persone dotate di poteri magici.

Nel mondo babbano la magia non viene insegnata a scuola.

E ognuno deve riconoscerne da solo l’esistenza (nella vita e in se stesso), imparando a usarla nel modo giusto.

Tutti i babbani odiano la magia e chi nasce dotato di capacità sensitive è costretto a sopportare il senso di diversità e la derisione che l’accompagnano.

Questo comporta un disorientamento e un’insicurezza difficili da gestire.

Soprattutto nei primi anni di vita.

Sin da bambini i maghi hanno percezioni che non comprendono e, se nessuno li aiuta a decifrarne le funzioni e il valore, possono percepire se stessi come pericolosi, incontrollabili o cattivi.

Il contatto con energie forti fa paura e questo può portare a tentativi maldestri di omologarsi allo stile di vita babbano pur di sfuggire quei poteri sconosciuti.

Tentativi forieri di emarginazione e solitudine e perciò destinati a fallire.

I babbani, infatti, non percepiscono adeguatamente la magia e la combattono disprezzando chiunque ne coltivi le potenzialità dentro di sé.

Questo spiega come mai i giovani maghi vivano spesso un’infanzia difficile e tormentata.

Solo crescendo e affrontando un percorso di conoscenza interiore impareranno ad apprezzare il valore delle creatività e a gestirne i poteri.

Il mondo interno è il crogiuolo da cui scaturisce la magia, il sacro Graal capace di compiere i miracoli, la strada che spalanca le porte all’infinito.

Nei libri per l’infanzia si nascondono spesso importanti verità.

E la saga di Harry Potter non sfugge a questa regola.

Nel corso dei volumi ci svela un cammino di conoscenza fatto del progressivo appropriarsi dei poteri interiori e del riconoscimento dei pericoli insiti nella magia nera.

L’uso crudele della magia, infatti, trascina dentro una spirale di narcisismo, estraniando sempre di più il mago dalla propria anima e provocando di conseguenza il bisogno (mai appagato) di possederne le risorse illimitate.

Nei sette libri, Voldemort fa di tutto per appropriarsi delle capacità di Harry e usufruire della forza e della protezione derivanti dall’amore.

Tuttavia, più cerca di ottenere queste cose con la prepotenza e più se ne distanzia, condannando se stesso alla mancanza e all’insoddisfazione.

Harry e Voldemort hanno una storia infantile molto simile ma le scelte compiute durante la crescita li allontanano sempre di più, sino a contrapporli totalmente.

Per superare la solitudine e la paura Voldemort sceglie la menzogna e l’arroganza.

Harry invece costruisce una comunità basata sulla lealtà, sulla solidarietà e sull’amicizia.

Il bene e il male, la magia bianca e la magia nera illustrano le scelte che ogni mago è chiamato a compiere dentro di sé per poter usare i poteri magici nella vita di tutti i giorni.

Si tratta di scelte intime che conducono allo sviluppo delle parti sensitive nella psiche.

Ma, mentre Voldemort predilige il dominio e la violenza, Harry sceglie la cooperazione e la fratellanza.

Entrambi i poli appartengono alla Totalità di noi stessi, proprio come lo Ying e lo Yang compongono insieme il simbolo del Tao.

Così, nel corso di tutti e sette i libri, Harry avverte il legame misterioso che lo unisce a Voldemort, senza riuscire a metterne a fuoco l’importanza.

Mentre Voldemort non arriva mai ad uccidere Harry perché uccidendolo finirebbe per uccidere anche se stesso.

Ogni volta dunque la battaglia ricomincia daccapo.

Senza soluzione di continuità.

Per mettere fine all’eterno combattimento tra loro, sia Harry che Voldemort dovrebbero riconoscere l’esistenza del diverso dentro di sé (quell’alter ego che ognuno rinnega seppellendolo nell’inconscio), imparando a cavalcare le profondità della psiche con la saggezza e l’umiltà che derivano dallo scoprire l’esistenza dell’infinito in se stessi.

Proprio come nel Tao, infatti, lo Ying contiene il seme dello Yang e viceversa.

Carla Sale Musio

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