Le stagioni segnalano i cambiamenti naturali agendo sul bioritmo individuale e creando un’armonia favorevole al mantenimento della salute.
Se osserviamo il mondo animale vediamo come ogni variazione porti con sé un ritmo espressivo indispensabile al benessere e alla vita:
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la primavera è la stagione degli amori, le attività fioriscono e tutto sembra risvegliarsi;
l’estate induce una grande vitalità. I colori forti, le temperature calde, le giornate più lunghe invitano alla condivisione e alla socializzazione. L’ecosistema offre i suoi frutti e l’energia si sprigiona dappertutto;
con l’autunno ci si avvia verso il riposo. Le giornate si accorciano, l’aria rinfresca, alcuni uccelli migrano e l’operosità diminuisce;
durante l’inverno molte specie vanno in letargo. Il silenzio e il riposo per permettono alla vita di ricaricarsi in vista dello sviluppo successivo. È il momento di coltivare nel buio i germogli che sbocceranno in primavera.
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Anche la specie umana sarebbe portata a seguire i ritmi biologici, attivandosi o ritemprandosi in accordo con i cambiamenti stagionali.
La nostra organizzazione sociale, però, prevede scelte in contrasto con la natura.
Le leggi del profitto impongono le loro regole e (pur di ottenere il denaro necessario alla sopravvivenza “umana”) siamo costretti ad ammutolire l’ascolto delle stagioni per conformarci a esigenze del tutto innaturali.
Nascono così tante patologie, frequenti nella nostra specie e sconosciute agli animali che vivono in libertà.
Prendono forma dall’assoggettamento a ritmi poco salubri e sostengono gli interessi delle case farmaceutiche e delle multinazionali.
L’umanità è docile e accondiscendente, capace di adattarsi in situazioni anche molto lontane dalla salute e dall’armonia con l’ecosistema.
Tuttavia, lo stravolgimento dei bioritmi porta con sé un forte malessere, spingendoci al consumo di alimenti e farmaci (in contrasto con le richieste della vita e funzionali al successo di chi gestisce il mondo).
Non tutti, però, sono capaci di sabotare i meccanismi legati alla sopravvivenza.
Alcune persone, infatti, conservano in sé la capacità di riconoscere i codici della natura anche quando sono palesemente in contrasto con le leggi del progresso.
Questa visione lucida favorisce un’attenzione spontanea alla salute: propria, degli animali e del pianeta.
Ma chi risponde con facilità agli equilibri dell’ecosistema incontra spesso molte difficoltà nell’integrarsi in una società sempre più lontana dalla natura e pronta a immolare il benessere sull’altare del guadagno.
Ciò nonostante, queste persone sostengono una battaglia silenziosa (e spesso solitaria) per costruire un mondo migliore fatto della tutela delle altre specie, del rispetto per la natura e del valore della vita.
Questo significa costruire un progresso attento ai bisogni di tutti, libero dallo sfruttamento e dalla sopraffazione e basato sulla cooperazione e sulla solidarietà.
Solo così infatti l’ecosistema può continuare ad essere tale.
Un progresso oggi del tutto sconosciuto.
Ma vivo e nitido nel cuore e nella mente di chi conserva in sé l’ascolto della propria sensibilità.
Amare la natura e gli animali è un modo di essere.
E porta con sé una serie di caratteristiche psicologiche legate alla relazione con l’ecosistema.
Chi si avvicina alle altre specie con l’animo libero da pregiudizi è mosso da un ascolto attento alle leggi naturali che favoriscono spontaneamente la salute.
È in questa chiave che vanno lette le difficoltà a stravolgere il ritmo delle stagioni per lavorare d’inverno e riposare d’estate, per modificare le ore di luce e buio e per ammutolire l’ascolto delle esigenze naturali.
Invertire il bioritmo ha un alto prezzo di sofferenza (fisica e psichica) e spinge ad abusare di cibo e droghe (legali e illegali) e ad annullare sempre di più gli equilibri interiori in favore di scelte disfunzionali alla salute.
Questo provoca ulteriore malessere e costringe ad accorgimenti sempre nuovi per reggere i ritmi malsani indotti dalla società.
Le persone che amano gli animali faticano a conformarsi a stili di vita innaturali.
Ma la loro insofferenza, lungi dall’essere il segnale della patologia, indica invece il bisogno di scelte in armonia con la natura e con la vita.
Come ci ricorda Juddu Krishnamurti:
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“Non è segno di salute mentale essere ben adattati ad una società profondamente malata.”
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