IL CIELO

 

Era stato un parto lungo, sofferto.

Lei, una donna sola.

L’uomo che conosceva da qualche tempo, dopo aver saputo che sarebbero stati in tre, si era inventato un lavoro in miniera, lontano dal paese.

Nessuno l’aveva più visto.

E lei, abituata alla vita dura, aveva continuato a lavorare a giornata, nelle case o in campagna, finché il ventre gonfio glielo aveva permesso.

Poi, i dolori violenti del parto, le invocazioni, le urla, le mani sapienti della levatrice del paese.

Infine un essere incerto, contorto: una femmina.

Era magra, piangente, il collo piegato verso terra, terribilmente storpio, come se il rifiuto paterno l’avesse costretta al capo chino: allo stesso modo degli umili, dei perdenti, degli sconfitti senza speranza.

***

Da piccola aveva una sua grazia particolare: gli occhi grandi e acquosi, una certa timidezza nel parlare, il collo costantemente chino, come a guardare le cose misere che scorrevano sulla terra.

Poi, con l’adolescenza, iniziarono il massacro, la sofferenza, l’irrisione violenta dei suoi pari.

E così il resto della vita: usciva sempre meno, temeva di mostrarsi.

Gli sguardi degli altri scorrevano rapidi dal capo chino al suo collo piegato.

Per guardare in alto, doveva torcere il busto, ma anche così le era difficile godersi la vista del cielo: ne aveva una visione rapida, spezzata, come la linea incerta del suo collo.

***

Lo sguardo verso il basso le permetteva, però, di osservare la vita brulicante degli insetti, quelli che attraversavano la terra perché privi di ali, o quelli che si poggiavano su steli, fiori, cespugli e di cui ammirava i voli brevi e colorati.

Si incantava a guardare coccinelle, maggiolini, api: osservava il lavoro potente delle loro zampe e li seguiva per poco con lo sguardo, quando si innalzavano verso il cielo.

Nel camminare, evitava le formiche: addirittura si fermava, quando si spostavano in file tanto dense che era faticoso saltarle.

Ammirava il loro impegno: si fermava a guardarne due che portavano una foglia, dividendosi il peso, come i buoni amici devono fare, o le osservava mentre si scontravano nell’andare e si fermavano un attimo, quasi a chiedersi scusa.

Sentiva quegli esseri simili a sé: vicini alla terra e senza speranza del cielo.

***

Con il passare degli anni, la sua figura divenne più contorta, come una quercia nodosa. Stava a lungo a casa: comprava il cibo indispensabile, usciva quando il sole sorgeva o calava e nascondeva il capo sotto uno scialle scuro.

Nel percorrere le strade, rasentava i muri, sperando di essere invisibile agli altri e al loro sarcasmo.

Niente della vita altrui le apparteneva: non conosceva l’amore, di cui aveva desiderato il mistero; non aveva più affetti, da quando la madre se n’era andata per sempre, dopo averla benedetta.

Una vita così, ai margini.

L’unica consolazione, le sue uscite in campagna, dove al vento, all’erba e agli insetti non importava nulla del suo aspetto, dove si sentiva accolta: una creatura come le altre, dono del mondo.

***

Ma una sera primaverile, mentre passava per i campi accompagnata dal vento, sentì che le sue forze finivano.

Cercò di raggiungere il paese per rifugiarsi a casa e non le fu possibile.

Le gambe cedettero.  

Cadde sulla schiena e sentì la morbidezza dell’erba che l’accoglieva: allora finalmente, con lo sguardo rivolto verso l’alto, poté vedere il cielo nella sua ampiezza sconosciuta.

E seppe che era la fine.

***

Rapidi, le si accostarono mosche, coccinelle, api, maggiolini: ognuno di loro prendeva con le zampe un lembo dei suoi vestiti per portarla vicina a quel cielo, che finalmente poteva ammirare.

Cercarono insieme di sollevarla, ma non ci riuscirono.

A lei sembrava di sognare.

Ma ecco giungere rapidamente passeri, cornacchie, colombi, rondini e i potenti gabbiani, accorsi veloci dalla costa.

Le si affollarono intorno tutti quegli esseri alati.  

Allora la sostennero con dolcezza, sollevandola per i vestiti, e riuscirono finalmente a portarla in alto, mentre il suo sguardo si perdeva nell’azzurro scuro del cielo.

Gloria Lai

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Opera tutelata da Patamu.com del 21/06/2019, n° 107651

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