FISICA QUANTISTICA E SENSIBILITÀ: leggere il mondo con gli occhi del cuore
Quando si parla della dimensione immateriale si finisce spesso per sentirsi stupidi.
Come se affidandosi a qualcosa che non si può vedere, toccare, pesare e misurare si dimostrasse un’ingenuità credulona, ottusa e decisamente poco intelligente.
Eppure, la maggior parte delle cose che sappiamo a proposito della realtà non le abbiamo mai viste, toccate, pesate o misurate.
Basti pensare all’elettricità, alle onde sonore… al pensiero e ai sentimenti.
Cose importantissime di cui costatiamo gli effetti ogni giorno, ma prive di materialità.
L’immaterialità ci fa paura perché ci costringe a confrontarci con l’ignoto, spingendoci ad abbandonare il controllo (che pretendiamo di avere sempre e su tutto) e ad affidarci a un principio più grande, che ci contiene e ci sovrasta.
Nella Totalità, nel vuoto privo di riferimenti tangibili, in quel buco nero in cui ogni cosa è possibile perché parte di un infinito potenziale di vita, emergono anche gli aspetti che non ci piacciono, ciò che abbiamo censurato e rivendica il proprio diritto all’esistenza nel momento in cui un Tutto Onnicomprensivo ne legittima la verità.
Qualcuno lo chiama Dio, qualcun altro Legge Universale, gli scienziati preferiscono parlare di Big Bang, la fisica quantistica la definisce Onda di Probabilità.
I nomi sono tanti e diversi, ma indicano sempre un principio indistinto da cui hanno origine le cose.
E tutti (religiosi, mistici, fisici e scienziati) sono concordi nel dichiarare che la realtà materiale scaturisce da una sorgente immateriale.
Un principio creativo e assoluto contiene i semi di ogni possibile verità e, in una dimensione senza spazio né tempo, attende con pazienza il momento opportuno per dare vita alle forme della nostra quotidianità.
Secondo la fisica quantistica il principio di tutte le cose è un Tutto, indefinito e poliedrico, da cui l’osservatore coagula la realtà nei suoi aspetti concreti, nel momento in cui la osserva e la vive.
Per i fisici moderni ogni cosa esiste in uno spazio immateriale di potenzialità e, da questa multiforme totalità, la nostra attenzione dà forma alla realtà, rendendola tangibile.
A prima vista la Teoria dei Quanti sembra un insieme di formule magiche e giochi di prestigio immuni dalle ristrettezze della logica.
Eppure, proprio quella magia costruisce le fondamenta dell’esistenza, e nessuno ai giorni nostri può ignorarne la portata.
La fisica moderna spiega la materia sia come fenomeni ondulatori che come fenomeni delle particelle, e afferma che tutte le cose (ma proprio tutte) esistono in una funzione di probabilità, fino a quando un osservatore cristallizza una delle infinite possibilità rendendola concreta.
Quando ha luogo l’osservazione, infatti, la funzione d’onda collassa, permettendoci di localizzare le particelle, secondo le coordinate spazio temporali che ci sono familiari e ci appaiono tangibili.
Per la fisica dei quanti esiste una realtà fluida e immateriale in cui ogni cosa trova posto (gli studiosi la chiamano: onda di possibilità) ed esiste una manifestazione tangibile, quando una di quelle infinite probabilità si concretizza, dando forma alla realtà che i nostri sensi sono in grado di riconoscere e che ci siamo abituati a considerare vera.
Oggi la scienza ci spiega che l’immaterialità è un aspetto imprescindibile della realtà, la matrice da cui selezioniamo gli eventi della nostra esperienza.
Quando si parla d’immaterialità, perciò, ci si riferisce a una verità che i sensi fisici non possono percepire ma che è l’origine di qualsiasi cosa.
Il mondo immateriale permea costantemente la realtà materiale e, come una nuvola di eventualità, attende che la nostra consapevolezza lo attraversi dando forma alla vita così come la conosciamo.
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Ma cosa succede alle cose che non trovano riconoscimento con i cinque sensi?
m
Dove finiscono quelle realtà che sono prive di concretezza?
m
Se tutto esiste nell’onda di probabilità ed è soltanto la nostra osservazione a permettere il manifestarsi di una realtà piuttosto che un’altra, è necessario cambiare i paradigmi con cui interpretiamo il mondo, e ridare dignità a ciò che non si può vedere, toccare, pesare o misurare.
Esiste una dimensione immateriale priva di fisicità ma non per questo poco importante.
È una realtà che ubbidisce a leggi diverse da quelle della corporeità (leggi che non possiamo sperimentare con i sensi fisici) ma si può raggiungere affidandosi a una percezione interiore fatta di sentimenti e soggettività più che di analisi e oggettività.
L’oggettività e la materialità, infatti, obbediscono a codici differenti da quelli della soggettività e della immaterialità.
Utilizzano modi diversi di decodificare le esperienze, ma questo non vuol dire che siano meno rilevanti.
Entrambe le dimensioni sono indispensabili per vivere una vita appagante.
Un mondo fatto soltanto di concretezza diventa arido, sterile e vuoto di significato, mentre un mondo esclusivamente soggettivo e impalpabile sarebbe caotico e angosciante per la nostra mente razionale.
La pienezza della vita è frutto del continuo intrecciarsi di materialità e immaterialità, dello scorrere incessante di onda e particella, emozione e razionalità, intimità e concretezza.
La cultura materialista ci ha portato a deridere e abiurare quelle percezioni interiori che ci permetterebbero di cogliere l’immaterialità.
Abbiamo imparato a non ascoltare il nostro mondo interno, a sfuggire la sensibilità, a mostrarci impassibili e privi di emozioni, sicuri che il cinismo sia lo strumento migliore per avere successo in società.
Così, valutiamo la realtà in base al guadagno più che dare valore ai sentimenti, e preferiamo chiedere agli specialisti che cosa avviene dentro di noi, piuttosto che ascoltare la nostra autenticità.
È in questo modo che dimentichiamo l’importanza della dimensione immateriale.
Lasciamo che la legge del più forte sia la nostra bandiera e quando la fragilità arriva a mostrarci la ricchezza impalpabile delle emozioni, ci sentiamo pieni di vergogna, imbarazzati, inadeguati, impreparati e soli.
Convinti che quel nodo allo stomaco che ci prende ogni tanto, senza che sia possibile riconoscerne la causa, segnali una qualche patologia.
Ricorrere ai farmaci invece che ascoltare il cuore è la soluzione adottata da molti.
In un mondo lanciato al galoppo verso la propria distruzione, abolire l’ascolto della dimensione immateriale significa rinunciare all’unica medicina capace di curare la malattia chiamata civiltà.
Il flusso pulsante della dimensione immateriale è un valore prezioso, in grado di salvare l’umanità dal suo terribile destino e di restituire alla vita la sua profonda verità.
Padroneggiare le leggi della materialità è possibile solo mantenendo dentro di sé la consapevolezza che il principio di tutte le cose è nascosto in un infinito imprendibile con la ragione, cui occorre abbandonarsi fiduciosi, lasciando agire la bussola del cuore.
Solo così dall’onda delle probabilità può prender forma una dimensione materiale fatta di ascolto e pienezza, capace di accogliere la sensibilità come un timone per fare rotta verso la vita.
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