Si deve essere imperturbabili, calmi, sereni e distaccati.
La manifestazione delle emozioni è mal vista.
Non si deve piangere e, soprattutto, non si deve essere felici.
La felicità non fa simpatia.
“Mal comune mezzo gaudio”
Recita il detto.
E, fedeli alla sua prescrizione, ci sentiamo bene quando possiamo esibire le disgrazie, facendo a gara per accreditarci il nobel della sfiga.
La condivisione della felicità, invece, ci rende inquieti.
Sentirsi bene è giudicato pericoloso.
Quasi che la sfortuna fosse costantemente in agguato, pronta ad accanirsi con chi osa sfidarla manifestando emozioni di gioia.
“Ssssssssscccccchhhhhhh…. Non dirlo forte…!!!!!”
Sussurriamo circospetti come se fosse immorale sentirsi soddisfatti e felici.
Le emozioni sono cose da bambini.
O da femminucce.
Roba per gente debole, insomma.
Siamo convinti che la maturità si raggiunga quando il controllo razionale e distaccato prende il posto dell’emotività.
È in questo modo che la sensibilità, la delicatezza d’animo, la capacità di ascoltare e comprendere i sentimenti perdono il loro valore per trasformarsi in… stupidità.
È grazie a queste convinzioni errate che l’espressione dei vissuti interiori segnala impropriamente un’incapacità a far fronte alle esigenze della vita.
Il pregiudizio ha sepolto la sensibilità sotto una coltre di credenze negative, avviluppando l’umanità dentro una camicia di forza chiamata: autocontrollo.
Certo, abbandonarsi alle correnti emotive fa perdere di vista l’obiettività e trascina dentro una visione parziale della realtà.
Ma inibire la carica energetica delle emozioni crea gravi danni al sistema psichico.
La sofferenza psicologica è dappertutto e l’eccessivo selfcontrol che caratterizza la cultura occidentale ne è il principale responsabile.
Le emozioni possiedono un’energia insopprimibile, non possono essere eliminate come zavorre inutili.
Per vivere bene e in perfetta salute, mentale e fisica, è indispensabile che il mondo interiore sia accolto e riconosciuto.
Questo non vuol dire abbandonarsi a sfrenate ridde sentimentali.
L’autocontrollo è la conseguenza di un ascolto attento e partecipe dei propri vissuti.
Bloccare le emozioni, reprimerle e sforzarsi di non ascoltarle intrappola la più preziosa delle risorse trasformandoci in automi privi di intelligenza emotiva. E di creatività.
Prestare attenzione ai sentimenti, ammetterne l’importanza, il valore e la preziosità significa riconoscere la propria umanità e aprirsi all’ascolto dell’unica verità capace di cambiare il mondo: l’empatia.
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Ma cos’è l’empatia?
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Noi psicologi chiamiamo empatia la capacità di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d’animo di un’altra creatura vivente, senza ricorrere alla comunicazione verbale.
Gli animali usano spontaneamente l’empatia per cogliere le intenzioni di chi hanno intorno e regolarsi di conseguenza.
Nelle specie diverse dalla nostra il riconoscimento e l’espressione dei sentimenti sono strumenti fondamentali per mantenersi sani, ascoltando i bisogni del corpo e osservando l’ambiente circostante.
A nessun animale verrebbe in mente di dissimulare ciò che sta provando per indossare una maschera d’impassibilità.
Per le altre creature che popolano la terra mostrare la paura, il dolore, la tenerezza, la gioia, l’entusiasmo, l’incertezza, la curiosità, la sorpresa… significa utilizzare un codice relazionale indispensabile per vivere bene e in armonia.
L’empatia permette a tutte le forme di vita di sentirsi parte di un ecosistema che contiene e delimita, rispettando gli equilibri naturali, permettendo la convivenza e preservando la salute di ciascuno, in modo da favorire la vita.
Di tutti.
Solo l’essere umano (che di umano ormai non ha quasi più nulla) impone a se stesso una sordità emotiva così pericolosa da inibire la comprensione dei ritmi fisiologici, separandosi dalla natura e provocando tante malattie.
Gli animali non conoscono le patologie che affliggono la nostra razza (obesità, anoressia, diabete, nevrosi, psicosi, AIDS, cancro, SLA…) e condividono una cultura interamente basata sui codici emotivi e intuitivi, proprio perché per loro l’ascolto dei vissuti interiori è parte integrante della sopravvivenza.
Per noi, invece, empatia è sinonimo di smielati atteggiamenti infantili, e preferiamo ignorare la vita emotiva, ricorrendo a uno stuolo di specialisti (medici, dietologi, psicologi, psichiatri, neurologi…) per farci dire cosa succede nel nostro mondo interno.
L’indifferenza che consegue alla mancanza di empatia è la radice del cinismo e il presupposto più efficace per sostenere il mercato delle armi, le guerre, i soprusi e la distruzione che la nostra razza dis-umana porta avanti ai danni se stessa e di tutte le altre specie.
Uccidere la sensibilità dentro di sé ha lo scopo di allontanarci da una pulsante vitalità e di renderci docili e malleabili nelle mani di chi detiene il potere.
Un potere che può esistere soltanto grazie alla mancanza di sensibilità (e alla durezza che ne consegue) e che permette ai pochi che governano il mondo di accrescere indisturbati il loro dominio sui tanti.
Quel selfcontrol, così sbandierato da essere diventato sinonimo di maturità, è impropriamente confuso con il surgelamento emotivo e con un narcisismo patologico che ci spinge a credere di essere l’unica razza creata da Dio a propria immagine e somiglianza.
Ci è stato nascosto che la mancanza di empatia, l’onnipotenza e l’egocentrismo segnalano un’immaturità nella psiche.
Immaturità che va curata (e non incentivata) e che negli adulti costituisce una patologia.
La superiorità con cui ci arroghiamo il diritto di morte sulle altre forme di vita è una malattia che ammorba l’umanità e tiene in piedi la gerarchia della violenza, rendendoci vittime oltre che carnefici, e condannandoci a una sofferenza psicologica sconosciuta alle altre specie.
L’insensibilità, indotta ad arte sostenendo modelli di comportamento privi di emotività, ci allontana pericolosamente dalla nostra umanità.
Il surgelamento emotivo è una patologia, e non ha niente a che vedere con l’autocontrollo.
L’autocontrollo è la conseguenza di un ascolto attento e partecipe di tutte le energie che animano il mondo interiore, e non l’animosa ignoranza della nostra profonda ricchezza emotiva.
Uccidere la sensibilità dentro di sé per raggiungere una patologica mancanza di emozioni è la radice della violenza e la causa nascosta di tutte le guerre.
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