Nella nostra cultura il bene e il male sono concetti antitetici, valori diversi che devono essere riconosciuti e separati.
Abbiamo imparato a considerarli incompatibili e pensiamo che sia inevitabile fare una scelta e schierarci.
Esiste la credenza che il male finisca sempre per contaminare il bene, deturpandolo e corrompendolo.
Perciò, per tutelare la bontà e preservarne l’incolumità diventa necessario scinderla e allontanarla dalla cattiveria definendone chiaramente i confini.
Viceversa, l’idea che il bene possa prevalere sulla malvagità è ritenuta un’utopia, una speranza destinata a scontrarsi con il potere della crudeltà.
Nell’immaginario collettivo il bene non vince sempre, anzi!
Il trionfo del male è costantemente in agguato e il successo dei buoni può arrivare soltanto grazie a una distruzione radicale dei cattivi.
Ogni distruzione, però, contiene in sé l’embrione della violenza e impedisce la comprensione, la fratellanza e il rispetto.
Da questa considerazione (spesso inconscia) trae origine l’idea che il male si alimenti anche nella sconfitta.
Prende vita così un circolo vizioso che conferma costantemente la superiorità dei cattivi sui buoni.
Ci hanno insegnato che il bene può radicarsi e crescere indisturbato solo grazie a una definitiva scomparsa del male.
Così, il prevalere della bontà sulla malvagità, anche se auspicabile, ci appare poco realistico, perché senza comprensione, fratellanza e rispetto la crudeltà risorge continuamente, devastando e distruggendo tutto ciò che di amorevole, bello e sensibile esiste nel mondo.
Finché bene e male saranno ritenuti inconciliabili ci sentiremo chiamati a scegliere e, schierandoci, alimenteremo inconsapevolmente le guerre e la distruzione.
Questo non vuol dire che sia auspicabile chiudere un occhio e permettere il dilagare della malvagità.
Al contrario, significa osservare responsabilmente l’aggressività che contamina il mondo interiore, aiutando le parti immature della psiche a evolvere e a trasformarsi.
Il male ha bisogno di attenzione e responsabilità.
Ciò che manca nella gestione di questi due apparenti opposti è la consapevolezza che la vita emotiva è fatta di bene e male insieme e che ogni cosa contiene in sé la bontà e la malvagità, il dolce e l’amaro, le lacrime e le risate.
Indissolubilmente.
Ci è stato detto che tutto ciò che consideriamo buono, sano e giusto non deve mescolarsi con ciò che invece giudichiamo brutto, cattivo e scorretto.
Lo abbiamo imparato da bambini e oggi conserviamo la certezza che sia inevitabile schierarsi per evitare di contaminare l’amore con la crudeltà.
Ma ogni creatura porta dentro di sé il bene e il male in uguale misura, e allinearsi su una sponda non aiuta a gestire le polarità che costellano la vita.
Una rigida separazione ci spinge a cancellare dalla coscienza tutto ciò che non corrisponde all’immagine idealizzata della perfezione, costringendoci a rinnegare anche aspetti vitali e importanti di noi stessi.
Nel mondo interiore, infatti, la determinazione e l’aggressività, l’autostima e l’egoismo, la forza e la durezza, la protettività e il possesso… camminano a braccetto e non è possibile separare uno dei due antagonisti senza compromettere anche l’altro.
Inevitabilmente.
Ogni volta che assumiamo una posizione assolutista, nascondiamo nell’inconscio la polarità opposta, dove (convinti di essercene liberati) la lasciamo crescere senza alcun controllo.
In questo modo ci identifichiamo con una visione idealizzata di noi stessi e ci sentiamo autorizzati a distruggere tutto ciò che abbiamo escluso dalla consapevolezza, etichettandolo come negativo, malvagio e pericoloso.
Da questa scissione interiore prendono vita i semi del razzismo, del bullismo, delle guerre, dell’emarginazione, della prepotenza e della brutalità.
Nella psiche, infatti, il bene e il male non sono mai valori assoluti e distinti ma aspetti inseparabili dell’esperienza.
E appartengono a una totalità in cui ogni cosa può diventare mutevole e cangiante al variare del punto di vista da cui la si osserva.
Quando ci sforziamo di reprimere il male, non facciamo crescere il bene ma, al contrario, ne aumentiamo il potere negativo, perché l’idea di essercene liberati per conformarci a un ideale privo di polarità ne aumenta la distruttività.
È distruttiva, infatti, la pretesa di eliminare ciò che non ci piace, anziché imparare a riconoscerlo, a gestirlo e a trasformarlo, sopportandone il peso e la responsabilità, fino a farlo evolvere dentro di sé.
Il male è una parte inscindibile della personalità che chiede di essere accolta nella coscienza per migliorare e trasformarsi.
Nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma.
Incessantemente.
Dalla guerra fra il bene e il male interiori prendono forma la distruzione e la violenza.
Imparare a riconoscere in se stessi ciò che giudichiamo sbagliato sviluppa una cultura della tolleranza e del rispetto, e permette di far crescere le parti immature della psiche.
Una società migliore è il risultato di una profonda accoglienza, capace di cambiare la guerra nelle sue fondamenta interiori.
La rivoluzione passa attraverso la capacità di assumere dentro di sé anche le parti giudicate inaccettabili, invece che proiettarle all’esterno condannandole a vivere per sempre nei tanti nemici che popolano il mondo.
One thought on “BUONI O CATTIVI… tu da che parte stai?”
bellissimo. eppure io non ho nessuna certezza, punto fermo, neanche che nulla si crea e si distrugge e tutto si trasforma anche se è legge fisica e lo si vede attorno a noi e in noi. magari esiste un dio e (quindi) in parte anche noi, un qlcsa che crea dal nulla e che distrugge per fare andare avanti da baracca. ci potrebbero poi essere situazioni estreme tragiche nella salute nelle epidemie nelle guerre nella vita stessa che per salvare il salvabile, di un corpo vivente singolo o della società stessa si debba arrivare a fare delle scelte drastiche, di sacrificare una parte malata infettiva distruttiva o anche degli individui violenti ecc per salvare una vita o tante vite. purtroppo. magari esistessero i miracoli magari si potesse salvare, trasformare tutti e tutto il male e i malvagi o almeno un po’. forse quei miracoli esistono ma sono iperrarissimi imprevedibili. accettare che certe persone situazioni non sono migliorabili salvabili è durissimo o ahimè impossibile. W la Vita, anche se tanto dura
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bellissimo. eppure io non ho nessuna certezza, punto fermo, neanche che nulla si crea e si distrugge e tutto si trasforma anche se è legge fisica e lo si vede attorno a noi e in noi. magari esiste un dio e (quindi) in parte anche noi, un qlcsa che crea dal nulla e che distrugge per fare andare avanti da baracca. ci potrebbero poi essere situazioni estreme tragiche nella salute nelle epidemie nelle guerre nella vita stessa che per salvare il salvabile, di un corpo vivente singolo o della società stessa si debba arrivare a fare delle scelte drastiche, di sacrificare una parte malata infettiva distruttiva o anche degli individui violenti ecc per salvare una vita o tante vite. purtroppo. magari esistessero i miracoli magari si potesse salvare, trasformare tutti e tutto il male e i malvagi o almeno un po’. forse quei miracoli esistono ma sono iperrarissimi imprevedibili. accettare che certe persone situazioni non sono migliorabili salvabili è durissimo o ahimè impossibile. W la Vita, anche se tanto dura