Evoca scenari di sofferenza e suscita un insopportabile senso di fame.
Per seguire una dieta occorre fare appello a un’enorme forza di volontà, armarsi di determinazione e scegliere le motivazioni giuste, altrimenti si rischia di bloccarsi alla fase della progettazione, senza riuscire mai a intraprendere il percorso di cambiamento necessario.
Le restrizioni alimentari, infatti, indispettiscono il bambinointeriore, scontrandosi con la dipendenza generata dalla maggior parte delle vivande che consumiamo abitualmente.
Perciò, chi decide di apportare delle modifiche nel proprio stile alimentare deve fare i conti con una valanga di malesseri, sia psicologi che fisici.
Le farine e gli zuccheri raffinati, il caffè, gli alcolici e tutti i prodotti di origine animale provocano il bisogno fisiologico di consumarne dosi progressivamente maggiori e spingono ad abusarne.
È la ragione per cui, col passare degli anni, le persone tendono a ingrassare e diventa così difficile moderare le porzioni.
Con l’avanzare dell’età, infatti, l’attività fisica si riduce e la quantità di cibo che consumiamo giornalmente dovrebbe diminuire in proporzione.
Tuttavia, l’assuefazione indotta dagli alimenti scatena il bisogno compulsivo di ingerirne quantità sempre maggiori.
Perciò, nonostante i tentativi volti a limitare i pasti, l’età si accompagna sempre a un appesantimento della figura e a una serie di disturbi (considerati inevitabili) che sono la diretta conseguenza dell’affaticamento cui sottoponiamo il sistema digestivo e della mancanza di nutrienti adeguati a sfamare davvero le cellule del corpo.
I cibi elaborati e manipolati, che fanno parte della nostra tradizione culinaria, durante il processo lavorativo perdono la maggior parte delle sostanze di cui l’organismo ha bisogno per vivere, lasciando le cellule deprivate e affamate, e inducendo un cronico desiderio di cibo.
A questa già grave mancanza di nutrienti si aggiunge il bisogno psicologico del nostro bambino interiore affamato che urla la sua solitudine e il suo desiderio d’amore ingozzandosi a più non posso di alimenti che creano dipendenza e che ha imparato a utilizzare come sostituti delle relazioni affettive negate.
Ogni scusa diventa l’occasione per mangiare:
Il capo ti ha rimproverato? Fatti una bella scorpacciata e vedrai che il malumore sparisce subito!
Il tuo partner ti ha lasciato? Concediti un po’ di stravizi alimentari e annega le preoccupazioni in un bel bicchiere di vino, vedrai che la vita sembrerà meno cupa!
Hai ottenuto un aumento di stipendio? Fai festa con una bella cena ricca di portate e di calorie!
É il tuo compleanno? Ti sei laureato? Hai finalmente trovato un lavoro? Ti sposi? Be’… allora… la mangiata è d’obbligo! Altrimenti come si fa a divertirsi?!
Ci sono sempre mille buone ragioni per abbuffarsi e poche o nessuna per limitarsi.
Questo rende difficilissimo intraprendere una dieta, cioè un cambiamento nelle abitudini malsane che coltiviamo e che reggono il fiorente mercato alimentare, ricco di interessi economici lontani dal benessere e dalla salute dei consumatori.
Fare una dieta significa studiare e scegliere di modificare il modo di nutrirsi, imparando a selezionare le informazioni e a valutarne la veridicità con il proprio giudizio, piuttosto che affidare ad altri (medici, nutrizionisti, dietologi ed esperti di ogni tipo) la gestione della salute e della propria vita.
Viviamo in un mondo che insegna a delegare piuttosto che ad assumersi le responsabilità.
Affidiamo la nostra salute al medico, la nostra cultura alla scuola, i nostri guadagni alle banche, la nostra anima al prete, e la nostra informazione ai mass media… è difficile pensare di poter essere noi gli esperti in materia di noi stessi!
Tuttavia, è uno sforzo che bisogna affrontare per uscire dalle sabbie mobili di una società basata sul profitto invece che sulla salute, sull’indottrinamento invece che sulla responsabilità, sull’ubbidienza invece che sulla capacità di mettersi in gioco, sul dogmatismo invece che sulla libertà, sulla competizione invece che sulla cooperazione, sull’omologazione invece che sulla creatività.
Soltanto studiando e soppesando le informazioni in base ai nostri personali criteri di valutazione, potremo affrontare un cambiamento alimentare che sia rispettoso della salute e del bisogno reale di nutrimento, non solo fisico ma anche affettivo.
La fame, infatti, spesso nasconde desideri inespressi che hanno ben poco a che vedere con l’alimentazione e trasformano il cibo in uno psicofarmaco miracoloso, capace di sedare quell’indomabile desiderio di autenticità che ogni tanto morsica il cuore.
Perché una dieta funzioni, oltre alla verifica delle reali necessità nutritive, perciò, è necessario valutare anche le esigenze emotive inespresse e creare dentro di sé lo spazio per accoglierle, nonostante il loro scarso valore sul piano del consenso sociale.
Mi riferisco: alla rabbia, all’irritazione, al disprezzo, al desiderio di vendetta, alla paura, alla vigliaccheria, all’egoismo…
Ma anche all’autoaffermazione, alla creatività, alla sensibilità, alla capacità di sognare… e a tutti quei bisogni che, per una ragione o per l’altra, non possono essere dichiarati liberamente, nemmeno a se stessi.
Bisogni che trovano un sedativo, economico e facilmente reperibile, in qualcosa di saporito da ingurgitare… poco importa se fa bene o male alla salute!
Le diete non funzionano e di solito finiscono per essere abbandonate dopo un po’ a vantaggio di un’alimentazione sbagliata e palesemente in contrasto con i nostri bisogni profondi.
Per raggiungere un cambiamento nell’alimentazione è necessario apportare un cambiamento anche nel nostro modo di vivere e nei pensieri che lo sottendono, imparando ad assumerci la responsabilità di noi stessi, senza delegare a nessuno la gestione della nostra vita.
Solo così potremo compiere scelte adeguate per la salute.
Scelte che non riguardano soltanto ciò che mangiamo ma anche ciò che ci permettiamo di pensare.
Per cambiare dieta (e per cambiare il mondo) occorre fare una rivoluzione dentro di sé e imparare ad assumersi completamente la responsabilità di se stessi.
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