Tante persone vivono un’angoscia paralizzante all’idea che un impulso criminale possa invadere la coscienza costringendole a compiere azioni ai danni di coloro ai quali vogliono bene.
In quei momenti, nel loro mondo interno, si profilano scene spaventose e cruente in cui vedono se stesse compiere gesti terribili come su uno schermo cinematografico.
Terrorizzate all’idea che le immagini interiori possano prendere forma nella realtà, queste persone impazziscono di paura e finiscono per cercare un aiuto farmacologico, nel tentativo di sfuggire al malessere suscitato dai loro stessi pensieri.
L’idea che ognuno di noi possa trasformarsi in un killer cinico e spietato è una paura indotta abilmente dalle notizie di cronaca, con l’obiettivo (nascosto) di espropriarci dalla nostra psiche per renderci schiavi di opinioni che difficilmente potranno essere abbandonate in seguito.
L’effetto di questa possessione è di sentirsi fuori luogo e colpevoli, vittime di una presunta patologia mentale capace di paralizzare il cuore fino a renderci pericolosamente crudeli, contro la nostra stessa volontà.
L’angoscia di commettere azioni criminose spinge tante persone a indossare volontariamente una camicia di forza invisibile, chiamata in gergo medico: cura farmacologica e diretta a imbavagliare la creatività in nome di una salute mentale ottenuta artificialmente (a vantaggio delle case farmaceutiche e di chi ha interesse a incrementare un popolo di soldatini conformisti e ubbidienti).
Non è un caso che i mass media riportino il resoconto di avvenimenti delinquenziali ricchi di particolari scabrosi e conditi da immagini sempre più cruente.
Avvenimenti che, secondo i giornalisti, hanno come protagonisti individui del tutto normali, balzati agli onori della cronaca dopo aver compiuto azioni brutali con un’inspiegabile freddezza.
Il quadro della malattia mentale insorta senza aver mai dato alcun segnale suscita in ognuno di noi una curiosità morbosa e fa salire l’audience delle notizie, proprio perché racconta una pazzia priva di responsabilità e di relazioni con la vita di chi la manifesta.
Tuttavia, nella realtà le cose sono molto diverse dai resoconti della cronaca nera.
Dal punto di vista degli specialisti, le persone che arrivano a commettere azioni criminali ne portano le tracce e i sintomi in tutto l’arco della loro esistenza, presente e passata.
I delinquenti sono uomini e donne che da bambini hanno dovuto amputare la sensibilità, per riuscire a sopravvivere in condizioni dove, altrimenti, sarebbero stati sopraffatti dall’insicurezza, dal dolore e dall’impotenza.
Nessun bambino nasce cattivo.
Ognuno di noi viene al mondo carico di fiducia e di emozioni, pronto a condividere con gli altri la propria fragilità e la propria complessità interiore.
Non tutti i piccoli, però, trovano ad accoglierli un ambiente capace di riconoscere l’intensità della sensibilità infantile, e in grado di aiutarli nel difficile compito di gestire e di condividere le emozioni.
Nelle situazioni in cui la psiche delicata dei bambini si scontra con una rigida incomprensione da parte degli adulti si creano le premesse per un pericoloso surgelamento emotivo e perché nell’età adulta si manifesti il distacco (indispensabile a compiere atti criminosi).
Sono situazioni rare, ma sempre chiaramente identificabili nell’infanzia delle persone che commettono gesti brutali e inconsulti.
Questi individui non hanno paura di trasformarsi in criminali.
La loro criminalità si basa proprio sull’indifferenza, sulla freddezza e sul cinismo.
Il surgelamento emotivo, infatti, ha paralizzato le loro emozioni quando ancora erano bambini, e questo meccanismo di difesa fa si che non provino alcuna empatia per le vittime, esonerandoli dai rimorsi e dai sensi di colpa.
I serial killer, gli psicopatici e tutti quei personaggi terribili descritti dalle notizie di cronaca nera vivono senza partecipazione emotiva le azioni agghiaccianti che commettono.
In loro l’unica preoccupazione riguarda la necessità di nascondere le tracce dei crimini, in modo da non venire scoperti, e non il pentimento per le conseguenze di quanto hanno agito.
L’anestesia emozionale, infatti, consente un’imperturbabilità e una premeditazione altrimenti impossibili.
Chi, invece, ha paura di ritrovarsi in balia di un’aggressività incontrollabile, possiede emozioni anche troppo vitali!
E, proprio la capacità di percepire intensamente i sentimenti, scatena la paura di perdere il controllo, mantenendo stabile il confine tra emotività e brutalità.
Così paradossalmente, chi teme di trasformarsi in un mostro, proprio perché vive dentro di sé questa paura, rende attivo un sistema di controllo dell’aggressività.
Mentre chi, invece, agisce con disumanità, ha perso il contatto con l’empatia e con le emozioni e, proprio per questo, si comporta con crudeltà.
Le persone che hanno una personalità creativa possiedono un sistema emotivo potente e sofisticato, e questo a volte fa nascere in loro immagini vivide e cariche di patos, ma la loro immaginazione non tradurrà mai in azioni quelle terribili visioni interiori.
Al contrario, proprio l’esistenza di immagini forti permette all’emotività di sfogarsi senza diventare realtà.
Chi teme di poter uccidere qualcuno ha bisogno di approfondire l’ascolto della propria creatività, riconoscendone le potenzialità e il valore.
Non perché esista il pericolo di trasformarsi in un assassino, ma perché quella paura segnala un blocco dell’espressività individuale.
Quando la creatività non trova la giusta manifestazione nella vita, infatti, si annoda su se stessa dando forma a patologie ansiose e apparentemente incurabili.
L’unica terapia, in questi casi, consiste nel permettere a se stessi di cavalcare l’energia creativa, agendo i cambiamenti indispensabili alla crescita interiore.
Bloccare la propria evoluzione spirituale ed emotiva è il solo crimine che le personalità creative commettono con crudeltà.
Un sintomo contro il quale non servono gli psicofarmaci ma occorre un ascolto partecipe, fatto di comprensione e libertà.
La creatività è l’unica medicina in grado di curare le paure che affliggono il mondo interiore.
Comprenderne il funzionamento dentro di sé è indispensabile per la salute mentale e il primo passo verso una vita migliore.
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Un bellissimo articolo che mi ha tirato molto su in un periodo nerissimo che sto passando… grazie all’autore!!