Crediamo che le cose che ci capitano quotidianamente siano la conseguenza di un mondo che agisce e si muove a prescindere dalla nostra volontà, ma…
Non è vero!
Questa convinzione è stata messa in discussione da un gran numero di ricerche scientifiche che ne hanno evidenziata l’ingenuità.
La fisica e la psicologia, infatti, hanno dimostrato che esiste una reciprocità che lega chi osserva a ciò che viene osservato in un’interazione che crea la realtà.
La relazione che intratteniamo con la vita definisce la nostra quotidianità dando forma agli eventi che costellano le nostre giornate.
La maggior parte delle persone, però, preferisce incolpare la sfiga, gli astri o il destino, delegando a una causa esterna il peso delle proprie disgrazie.
In questo modo ci priviamo del potere creativo con cui modelliamo gli eventi, confinandoci dentro una prigione di vittimismo e impotenza.
La fisica quantistica ha evidenziato come l’esistenza prenda consistenza da uno sciame d’infinite possibilità, coagulando nella materia ciò che è in sintonia con i contenuti del nostro mondo interiore.
L’inconscio, infatti, conserva la memoria di tutti gli avvenimenti accaduti, filtrando nella consapevolezza solo una piccolissima parte di pensieri, emozioni e convinzioni.
La maggior parte di ciò che abbiamo vissuto esiste in una dimensione della coscienza di cui non siamo a conoscenza e da lì condiziona gli avvenimenti grazie a una legge di risonanza.
Il principio secondo cui il simile attira il simile sintetizza un presupposto basilare sia della fisica moderna sia della psicologia, spiegando come i vissuti di chi sperimenta la realtà esercitino un’influenza sulle circostanze che si verificano, aumentandone la probabilità.
Ciò che anima il nostro mondo interiore interagisce con gli eventi molto più di quanto siamo portati a credere.
Il potere creativo è una forza di cui ancora non conosciamo il funzionamento e che finiamo per utilizzare in maniera involontaria e maldestra.
I pensieri, le emozioni e le convinzioni di cui siamo consapevoli sono soltanto una piccola parte del magnetismo intimo da cui prende forma l’apparente casualità della vita.
La matrice che preforma gli eventi, infatti, affonda le sue radici nei contenuti archiviati nell’inconscio.
Per questo è importante conoscere intimamente noi stessi, affrontando anche gli aspetti che non ci piacciono e non ci rendono onore.
Portando alla luce le verità nascoste nelle profondità dell’inconscio, impariamo a comprendere le forze interiori che plasmano il mondo intorno a noi e a gestire la complessità della creatività e della vita.
Occorre stare sempre attenti ai pensieri che affollano la mente, selezionando quelli più costruttivi e trasformando quelli negativi.
Indulgere in pensieri carichi di risentimento, vittimismo e amarezza preforma un mondo di soprusi e ingiustizie.
Mentre uno stato d’animo amorevole attira l’armonia e la reciprocità.
Ci affezioniamo alle nostre emozioni negative (odio, rancore, autocommiserazione…) e le coltiviamo come ortiche, permettendo che infestino la mente senza lasciare spazio alle emozioni positive (amore, tenerezza, dolcezza…).
Liberare la coscienza dai contenuti sgradevoli non è facile e presuppone un profondo lavoro su di sé, ma è l’unico strumento capace di cambiare veramente la realtà.
Non serve fare la rivoluzione se prima non si attua una trasformazione all’interno di se stessi.
Non serve combattere le ingiustizie nel mondo quando non si riesce ad arginare le ingiustizie agite nel mondo interiore.
Non serve parlare di democrazia se nell’inconscio è in atto una dittatura.
Per estinguere davvero la violenza che ci circonda è indispensabile prendere su di sé la responsabilità anche di ciò che può sembrare lontano e indipendente dalla volontà, e assumersi l’onere di ritrovarne le radici archiviate nell’inconscio.
Infatti, solo dopo aver eliminato i semi interiori della crudeltà diventa possibile costruire una cultura fondata sull’amore e sulla fratellanza, e realizzare una società che non discrimina (perché capace di accogliere la diversità dentro di sé), non prevarica (perché ha imparato a comprendere la propria fragilità) e non emargina (perché ha acquisito la consapevolezza che tutto, ma proprio tutto, ha origine dentro di noi).
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