Il gioco è lo strumento con cui i bambini imparano a conoscere il mondo, il mezzo che permette loro di sperimentare la creatività e di esplorare le infinite possibilità della vita.
Giocando insieme si sviluppano la socializzazione, la condivisione, l’ascolto, la reciprocità e la cooperazione.
Giocare è indispensabile per la salute mentale, per l’equilibrio emotivo, per l’espressione e la realizzazione di sé.
E per questo dovrebbe essere un’attività privilegiata, tutelata, rispettata e praticata sia dai grandi che dai piccoli.
Purtroppo, però, i ritmi frenetici della vita quotidiana ci costringono ad azzerare il tempo dedicato al gioco, a vantaggio degli innumerevoli e inderogabili impegni che costellano le giornate.
Così, se durante l’infanzia le attività ludiche sono tollerate, diventando grandi il tempo passato a giocare si trasforma in un optional del tutto facoltativo, senza più nessun riconoscimento del suo indispensabile valore per la salute.
Nella nostra civiltà i momenti liberi dagli impegni diminuiscono sempre di più, e oggi anche ai bambini rimangono pochi ritagli di tempo per giocare: dopo i compiti, il catechismo, le attività integrative… e tutti gli innumerevoli doveri da svolgere per tenere il passo con le richieste della vita sociale.
Tuttavia, proprio perché si tratta di attimi rubati e non di un tempo dedicato, spesso il gioco si trasforma in un momento di svago solitario e senza amici.
Lo spazio per incontrare gli altri e coltivare la socializzazione è limitato alle attività organizzate (doposcuola, palestra, musica, inglese…) cui i piccoli sono costretti a partecipare, per istruirsi o per venire incontro alle esigenze lavorative dei genitori.
Considerato impropriamente come una perdita di tempo invece che un’attività indispensabile alla crescita, il tempo passato a giocare è relegato all’ultimo posto nella lista delle priorità formative.
“Prima il dovere e poi il piacere” recita il detto.
E, siccome giocare è certamente un piacere per tutti (grandi e piccini) va praticato con parsimonia, quasi fosse una droga capace di distogliere l’attenzione dalle più importanti attività professionali, scolastiche, educative… eccetera.
Nella società del duemila l’obiettivo più gettonato è sempre il guadagno.
E il gioco non trova posto tra gli appuntamenti in calendario.
Travolti dalle necessità economiche non ci fermiamo mai a riflettere che:
“I soldi non fanno la felicità.”
E che:
“È più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel Regno dei Cieli.”
Il Regno dei Cieli, infatti, è la conseguenza di una profonda realizzazione personale e della possibilità di esprimere il proprio potenziale interiore, creativo ed emotivo.
Giocando i bambini (ma anche gli adulti) entrano con facilità nel Regno dei Cieli, sperimentando nuove possibilità e permettendo alla propria ricchezza interiore di fluire liberamente nella quotidianità.
Giocare insieme consente di sperimentare la reciprocità, la condivisione, la cooperazione e la solidarietà, ma anche il confronto, lo scontro, il combattimento e il conflitto… e porta a costruire relazioni affettive profonde e durature.
Proprio perché: condividersi, azzuffarsi, litigare, chiarirsi, riconoscersi e fare la pace sono momenti significativi della vita e delle relazioni.
Giocare è uno spazio intimo e importante nella realtà dei bambini, li aiuta a crescere e a capirsi, sviluppa l’affettività e la reciprocità.
La nostra società, sempre tesa al profitto e alla competizione, trascura la sensibilità e la competenza interiore.
I bambini di oggi sanno tante cose e conoscono un mondo complesso che, fino a qualche tempo fa, era inimmaginabile.
Ma alla loro capacità cognitiva non corrisponde, purtroppo, un’adeguata crescita affettiva e lo scarto tra la mente e il cuore genera tante sofferenze psicologiche.
Giocare insieme è una medicina a costo zero.
Previene le malattie e aiuta a costruire una società migliore.
Per questo è importante che le attività ludiche ricevano attenzione e riconoscimento da parte degli adulti.
Non serve lasciare pascolare i bambini in gruppi numerosi e scatenati.
Occorre sottolineare il valore delle relazioni, invitando a casa un amico alla volta, e permettendo ai piccoli di giocare insieme, sotto la supervisione attenta e discreta dei grandi.
Gli adulti, con la loro presenza, avvalorano il tempo passato a giocare e sorvegliano gli scambi affettivi tra i bambini, aiutandoli a esprimersi e a condividersi.
Giocare insieme favorisce la fratellanza e sviluppa l’amicizia.
Passare un pomeriggio a casa di un amico è il primo passo fuori dalle mura domestiche e insegna ad affrontare l’autonomia e l’indipendenza in modo coinvolgente e protetto.
I genitori dovrebbero sempre programmare dei momenti in cui i bambini possano invitare un amico a giocare. E, naturalmente, anche andare a trovarlo.
Da questi scambi nasce la possibilità di approfondire la conoscenza, si sviluppa la competenza affettiva e prende forma una società basata sull’ascolto, sulla condivisione e sull’integrazione.
(Invece che sulla paura, sulla competizione e sulla sopraffazione).
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