Un piccolo professore spietato e saccente si annida tra i pensieri combattendo l’entusiasmo, la creatività e il piacere con le armi subdole del dovere, della colpa e del giudizio.
Non è un essere malvagio… è convinto di agire per il nostro bene!
Tuttavia, in nome di un suo indefinibile criterio di obiettività uccide i sogni, le speranze e i desideri, incatenandoci a una vita di sacrifici e rassegnazione.
È un atteggiamento critico che nasce nella psiche in seguito all’educazione ricevuta da bambini e che nel tempo acquisisce una propria autonomia, trasformandosi in un censore interno sempre pronto a ricordarci i limiti, la pochezza e i demeriti che ci caratterizzano.
Quando eravamo piccoli, questo censore interno aveva il compito di rievocare gli insegnamenti dei grandi al momento opportuno.
Allora non si era ancora trasformato nella voce persecutoria di oggi ma era, invece, un alleato che, assistendoci nel complicato mondo degli adulti, ci aiutava a evitare gli errori della spensieratezza, dell’entusiasmo e dell’imprudenza infantile.
Con il tempo, però, si sono perse le tracce di quella sua originaria funzione protettiva e oggi millanta un’autorità priva di riscontri nelle circostanze della vita.
Ciò nonostante, non perde occasione per far sentire la sua presenza critica, ripetendo senza sosta il rosario dei nostri difetti.
Reali o presunti.
E costringendoci a un continuo mea culpa che annienta l’autostima e soffoca la creatività sotto una coltre di impedimenti catastrofici.
“Quanto sei stupido!”
“Chi credi di essere!”
“Non ce la puoi fare!”
“Lascia perdere!”
“Sei un buono a nulla!”
“Quando gli altri capiranno chi sei, ti abbandoneranno!”
“Sei ridicolo!”
Eccetera, eccetera…
Tutte le volte che ci lasciamo trasportare da un cambiamento il piccolo censore serpeggia tra i pensieri con il suo repertorio di frasi a effetto e imprigiona l’entusiasmo dentro i limiti angusti imposti della sua antica e ristretta valutazione delle situazioni.
È così che si formano i pensieri ossessivi, la depressione, la scarsa autostima, l’insicurezza, la sfiducia e i blocchi che inibiscono la creatività e la realizzazione personale.
Le esperienze negative dell’infanzia coagulano nella mente una realtà allucinata che anima le paure del passato dentro gli scenari del presente, impedendoci di valutare con obiettività gli avvenimenti.
Spesso, per sfuggire agli ammonimenti di quella voce squalificante, ci sforziamo di non ascoltarla.
Ma, davanti ai tentativi di evitamento, il nostro educatoreinterno sembra acquistare vigore, bersagliandoci ancora di più con le sue affermazioni distruttive.
Non serve nemmeno compiacerlo rifugiandoci nella passività, nella timidezza o nella solitudine, perché quel chiacchiericcio mentale continua ugualmente a tormentarci con i suoi giudizi negativi, provocando spesso un crollo emotivo ancora peggiore.
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Che fare, quindi, davanti al parlottio interiore che martella i pensieri intrappolandoci dentro una prigione invisibile di autocritiche?
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Per liberarci dall’oppressione del nostro piccolo professore, è indispensabile esaminare l’educazione restrittiva che, nel tempo, ha dato forma alle opinioni persecutorie.
Ricondurre quella disapprovazione nel passato, infatti, smorza l’asprezza delle critiche e ridimensiona la valutazione della realtà permettendoci un’interpretazione più adeguata di ciò che succede nel presente.
Ma, soprattutto, è necessario imparare a convivere con quella voce silenziosa e criticona, senza lasciarsi soggiogare dai suoi giudizi negativi e gestendone l’anacronistica superiorità con la fermezza e la tolleranza con cui tratteremmo un vecchio amico brontolone.
Riconoscere il piccolo professore dentro di noi e lasciarlo parlare senza farci condizionare dalle sue critiche aspre permette di creare un dialogo tra il passato e il presente e ridimensiona la funzione castrante di un’educazione eccessivamente rigida, consentendo all’entusiasmo di scorrere libero, senza conseguenze negative.
“Ok, amico, non sei d’accordo. Lo tengo presente ma, nonostante le tue previsioni catastrofiche, io decido ugualmente di seguire il mio pensiero, autorizzandomi ad affrontare le situazioni a modo mio!”
Col tempo la scoperta di nuove possibilità creative ed espressive permette di costruire atteggiamenti più adeguati e meno restrittivi, liberando il nostro piccolo professore interno dal suo compito educativo e consentendogli finalmente di rilassarsi e di prendersi un po’ di riposo.
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QUANDO IL PICCOLO PROFESSORE
È IN AZIONE
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Franca si sente sempre insicura e, quando conosce delle persone nuove, ha così tanta paura di non piacere e di essere derisa o rifiutata che finisce per emarginarsi da sola, sentendosi sempre più incompresa.
Analizzando la sua storia emerge un’infanzia fatta di doveri e responsabilità, con un papà pronto a sgridarla e a punire ogni sua espressione giocosa in nome dell’ubbidienza, dell’educazione e del rispetto delle regole.
Nel tempo si è formata dentro di lei la sensazione di non andare mai bene e la paura di essere criticata per colpe che non le è possibile prevedere, proprio come quando era bambina.
* * *
Antonella ha paura dei ragazzi.
Le piacerebbe stringere amicizia con i suoi compagni di scuola ma una timidezza esagerata prosciuga le parole, lasciandola senza voce e senza argomenti, in preda all’ansia e a una sgradevole sensazione di goffaggine e di stupidità.
Quando era ancora molto piccola ha imparato che gli uomini sono degli ipocriti, opportunisti e interessati al sesso, e che le ragazze non dovrebbero mai fidarsi di loro.
Il papà di Antonella, infatti, è andato via con un’altra donna quando Antonella era ancora in fasce e la mamma l’ha cresciuta da sola, affrontando le critiche della famiglia e dei compaesani, scandalizzati per la sua scelta di mettere al mondo una bambina senza prima essersi sposata.
* * *
Renzo ha vissuto l’infanzia all’ombra del fratello maggiore, Sebastiano.
Non c’era giorno che i genitori non esaltassero le virtù di quel figlio così bravo e capace e non invitassero Renzo a imitarne i comportamenti.
A malincuore Renzo ha dovuto indossare i vestiti smessi di Sebastiano, frequentare le palestre e le scuole dove Sebastiano era sempre il migliore, leggere i libri che Sebastiano aveva già letto e giocare con i giocattoli che Sebastiano non usava più.
Crescendo, per non trasformarsi nella fotocopia di suo fratello, ha cercato di ritagliarsi degli spazi tutti suoi ma il pensiero di quei continui confronti lo tortura ancora e, quando si tratta di chiedere qualcosa per sé, Renzo sprofonda nei ricordi sentendosi incapace, goffo e pasticcione proprio come quando era bambino.
Così, si sforza di fare tutto da solo e preferisce rinunciare alle cose piuttosto che affrontare la sensazione insopportabile di dover chiedere aiuto.
* * *
Da bambino Sergio doveva mostrarsi sempre grande e forte perché quando non ci riusciva gli adulti lo deridevano chiamandolo femminuccia e burlandosi di lui.
Oggi Sergio è un omone alto e grosso ma la paura di sembrare una femminuccia, purtroppo, è rimasta viva nel suo cuore e lo spinge a tiranneggiare le donne e la propria sensibilità, costringendolo a cancellare da se stesso ogni traccia di tenerezza per paura di non essere amato.
Carla Sale Musio
La personalità creativa
Scoprire la creatività in se stessi per trasformare la vita
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