È chiamato pedagogia nera uno stile educativo basato sulla sottomissione dei bambini agli adulti, sulla prepotenza del più forte e sull’uso delle punizioni e della durezza come metodi d’insegnamento.
La pedagogia nera fa crescere una società di soldatini accondiscendenti e impassibili, assoggettati ai voleri di un’autorità genitoriale che li sottomette con le minacce e con la paura.
Il conformismo, la dipendenza e l’annientamento della creatività sono le conseguenze più evidenti di questa educazione che castiga l’innocenza proponendo la prepotenza come stile di vita.
Le caratteristiche principali di un insegnamento di questo tipo sono la negazione della sensibilità e della realtà emotiva dei bambini e la colpevolizzazione della loro l’ingenuità e fragilità.
La pedagogia nera coltiva i semi della guerra dell’uomo con i suoi simili e con le altre forme di vita, e crea le premesse per realizzare un mondo in cui l’ostilità, il razzismo e l’olocausto dell’autenticità diventano le dominanti del vivere insieme.
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L’uomo è l’unico animale che maltratta i suoi figli per insegnare loro come si diventa grandi
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Con il pretesto di abituarli alla durezza del mondo, molti adulti trasformano la dipendenza e l’ingenuità dei piccoli in paura e aggressività.
Tutte le specie viventi assistono amorevolmente i loro cuccioli nel periodo della crescita, lasciandoli liberi, una volta diventati adulti, di essere se stessi e affrontare la vita.
Solo la specie umana prolunga la soggezione dei figli ai genitori oltre il raggiungimento della maturità.
L’obbedienza acritica imposta durante l’infanzia, rende i piccoli dell’uomo insicuri e dipendenti, e questo impedisce il raggiungimento di una reale emancipazione.
A causa di un’educazione eccessivamente rigida, l’essere umano finisce per perdere il contatto con la propria empatia e, diventato grande, sacrifica il suo naturale istinto genitoriale sull’altare dell’obbedienza e del rispetto, trasformando l’allevamento dei piccoli in una dittatura in cui ogni reciprocità è censurata.
In questo modo, l’angoscia e la denigrazione della fragilità perpetuano una pedagogia che trasforma l’accudimento dei cuccioli in un sistema di contenzione psicologica.
Da questo sistematico ottundimento della sensibilità e dal disprezzo della debolezza prendono forma lo specismo e l’abuso compiuto dall’uomo sui suoi simili e sulle altre specie viventi.
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I bambini e gli animali parlano lo stesso linguaggio
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Tutti i bambini sono istintivamente attratti dagli animali.
Bambini e animali, infatti, parlano lo stesso linguaggio emotivo e comunicano tra loro in maniera spontanea usando il corpo, il contatto, lo sguardo, il movimento e la telepatia.
Entrambi condividono un rapporto viscerale e immediato con le emozioni, sperimentandole in tutta la loro intensità.
L’educazione basata sull’autoritarismo, sulle punizioni corporali, sulla vergogna e sulla mortificazione, costringe i piccoli a negare la propria fragilità e a identificarsi con chi detiene il potere, nel tentativo estremo di salvare la dignità e l’autostima.
In questo modo le ragioni del più forte divengono anche “le ragioni” della vittima, e i bambini, una volta adulti, tramandano da una generazione all’altra lo stile educativo appreso dai genitori, condividendone le motivazioni e cancellando dalla memoria il dolore e l’umiliazione vissuti da piccoli.
Per mantenere integra la percezione di sé, tutto ciò che in passato ha provocato sofferenza deve essere rimosso dalla consapevolezza e combattuto all’esterno, come fosse un nemico pericoloso.
Questo meccanismo di difesa, chiamato proiezione, è invece inesistente tra gli animali.
Le altre specie, infatti, mantengono l’ingenuità e l’immediatezza in tutte le età della vita, non avendo bisogno di ricorrere ad artifici psicologici per arginare un dolore conseguente all’educazione.
Il contatto costante con le proprie sensazioni fa sì che la sofferenza degli animali sia intensa, lacerante e straziante.
Come quella dei bambini.
E per questo è ignorata e misconosciuta dagli adulti della specie umana.
Proprio come quella dei bambini.
Gli animali, infatti, non modificano i propri comportamenti istintivi neanche davanti alla minaccia di un potere letale, e così diventano vittime della prepotenza e della derisione dell’uomo, che rivede e combatte nei loro atteggiamenti emotivi e sottomessi i propri bisogni infantili rimossi.
Entrambi, animali e bambini, subiscono la violenza del più forte senza potersi ribellare.
Ma i cuccioli dell’uomo, istigati dalla paura, nel tentativo di mantenere integra la stima di sé finiscono per immedesimarsi con il potere che li sottomette.
Perciò, nonostante le prevaricazioni e l’ingiustizia, crescendo ne acquisiscono le modalità coercitive.
Identificandosi con il più forte i bambini combattono in se stessi la stupidità dell’innocenza, sforzandosi di cancellarne le tracce fino a diventare in tutto e per tutto simili a chi, ai loro occhi, rappresenta l’autorità.
In questo modo gli esseri umani nascondono la debolezza e il dolore dell’infanzia diventando a loro volta dei persecutori e tramandando da una generazione all’altra le stesse modalità educative.
Tutti i bambini vivono i sentimenti con grande intensità e, non riuscendo a decifrare la logica adulta dell’apparire, delle convenienze e della censura della vita interiore, si sentono attratti dagli animali che invece riconoscono come simili a sè.
Per i piccolissimi, infatti, proprio come per gli animali, vivere ed esprimere un’emozione è un atto unico e immediato, un modo di essere e sperimentare l’esistenza.
Soltanto crescendo i cuccioli dell’uomo forzeranno il loro sistema emotivo fino a scindere la sensibilità interiore dagli atteggiamenti esteriori, sviluppando comportamenti più mediati e artefatti e, perciò, socialmente più accettabili.
Sia i bambini molto piccoli che gli animali, condividono una spontaneità che li rende vulnerabili e soggetti alla prepotenza del più forte.
Negli animali questa caratteristica non si perde.
Mai.
Nemmeno con la crescita.
Nella specie umana, invece, l’ascolto profondo e immediato del mondo emotivo scompare progressivamente, per cedere il posto a un più maturofalso sé, in grado di nascondere gli stati d’animo inappropriati al contesto sociale.
La capacità di censurare i sentimenti trasformandoli in concetti privi di emotività è una prerogativa dell’umanità.
Gli animali non deformano la propria interiorità, e il loro stile comunicativo è sempre basato sulla sincerità e sull’immediatezza emotiva.
Questo diverso modo di gestire le emozioni, è la radice del razzismo e dello sfruttamento agito dall’uomo sulle altre specie viventi.
Per mantenere l’impassibilità e il distacco, infatti, gli esseri umani devono chiudersi sempre di più all’ascolto delle emozioni ed evitare ogni empatia con ciò che potrebbe richiamarne la memoria.
L’occultamento della sensibilità e la conseguente perdita dell’autenticità, sono le cause dell’incapacità umana nel comprendere e rispettare gli altri animali.
Poichè gli animali non perdono mai il contatto con il mondo emotivo e sensitivo l’uomo li maltratta e li disprezza, proprio come maltratta e disprezza le parti emotive e sensitive dentro di sé.
La pedagogia nera è la causa dell’insensibilità che ha snaturato gli esseri umani dalla propria ricchezza interiore imprigionandoli dentro una gabbia d’indifferenza.
I suoi criteri educativi generano un mondo popolato da automi pronti a combattere negli altri la sensibilità e la debolezza e a sottomettersi passivamente all’autorità del più forte.
Per uscire da questo pericoloso automatismo pedagogico e liberarsi dalla prigione del falso sé, è indispensabile cambiare il rapporto educativo con i bambini e sostituire alla prepotenza e alla coercizione, la comprensione e la condivisione della fragilità e l’ascolto delle emozioni.
Soltanto dalla capacità di sostenere la propria vitalità emotiva e dall’accettazione del dolore e della debolezza, può prendere forma un mondo migliore, capace di accogliere senza emarginare.
Il rispetto di tutte le razze e di ogni diversità, è la conseguenza di un profondo cambiamento interiore e nasce dall’ascolto del proprio cuore e dall’accettazione della complessità che caratterizza la vita emotiva.
Degli uomini come degli animali.
Una collettività senza sentimenti conduce alla violenza e alla legge feroce del più forte.
Soltanto una società capace di riconoscere il valore della sensibilità e in grado di rispettare la debolezza, potrà aprirsi alla considerazione e all’accoglienza di tutte le emozioni e di tutte le culture.
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