Un bambino che piange esprime il dolore e cerca qualcuno che lo aiuti a gestirlo.
Lasciarlo piangere senza dare importanza alle sue lacrime significa ignorare quella sofferenza.
Vuol dire non vedere le emozioni che prova, abbandonandolo da solo con la sua disperazione.
E questo è vero soprattutto quando si tratta di un neonato o di un bimbo di pochi mesi.
Tanti genitori lasciano piangere i loro figli, credendo impropriamente di aiutarli a diventare più forti e cercando di evitare che crescano capricciosi e viziati.
Tuttavia, non si rendono conto dei danni che questa loro indifferenza produce nella psiche delicata dei bambini.
Per i bambini i genitori sono i depositari della saggezza e di ogni conoscenza.
Quando la mamma e il papà ignorano il pianto e il dolore, per i piccoli significa che quei sentimenti non hanno diritto di esistere.
Vuol dire che sono emozioni sbagliate e non si devono provare.
Ma non provare un’emozione è impossibile.
L’emozione è una risposta spontanea e inevitabile prodotta dal sistema emotivo davanti a una situazione che ci coinvolge.
Non è possibile impedire le emozioni.
Si può soltanto anestetizzare la propria percezione.
Lasciare piangere i bambini produce un dolore ancora maggiore perché alla sofferenza che genera il pianto si aggiunge il dolore della solitudine e dell’abbandono.
L’angoscia dei piccoli è totalizzante, pervasiva e devastante perché le capacità cognitive non si sono ancora formate e, di conseguenza, la linearità del tempo, con il suo prevedibile prima e dopo, non si è strutturata.
Quando i bambini sono molto piccoli ogni emozione esiste in un tempo che non ha termine e del quale è impossibile immaginare la fine.
Il dolore dei bambini è un dolore per sempre.
Se la mamma e il papà non li aiutano a gestirlo, comprenderlo e accettarlo i piccoli sono costretti a censurarlo, impedendo a sé stessi di percepirlo e di superarlo, e creando in questo modo un’anestesia emotiva che blocca l’empatia e inibisce la sensibilità.
Questa patologica sordità affettiva che i genitori inducono nei bambini lasciandoli piangere, troppe volte è chiamata impropriamente: “educazione”.
Ma di educazione non si tratta per niente!
È piuttosto un abbandono.
E produce un’insensibilità emotiva che indurisce il cuore, facendo crescere generazioni di adulti indifferenti e poco empatici, sicuri di sé nei comportamenti stereotipati e gregari ma spaventati davanti all’espressione della propria autenticità interiore.
Quando i bambini sono lasciati soli ad affrontare la propria disperazione smettono di condividere il dolore e non piangono più.
Ma questa censura emotiva non può essere definita educazione.
Si tratta, invece, di una patologia che gli psicologi definiscono: surgelamento emotivo.
Dal punto di vista psicologico, infatti, la manifestazione delle emozioni è espressione dell’equilibrio emotivo e della salute mentale, mentre la loro negazione, repressione e censura segnala una disfunzione che porta con sé la difficoltà a condividersi e a fare relazione.
Gli psicopatici, i serial killer, i sadici… sono vittime di un grave surgelamento emotivo, in quanto hanno bloccato in se stessi la percezione delle emozioni e sono privi di empatia.
Lasciar piangere i bambini non li rende immediatamente degli psicopatici ma contribuisce ad anestetizzare la loro sensibilità e li porta a sviluppare indifferenza davanti al dolore, trasformando l’empatia in una fastidiosa condivisione di sentimenti inutili.
Quando il dolore non può essere espresso non è nemmeno possibile risolverlo.
Ci si mette una bella pietra sopra e non se ne parla più.
Ma non scompare.
È ricacciato nell’inconscio, nascosto alla coscienza e si traduce in un’incapacità nel provare amore.
Lasciare piangere i bambini produce adulti in difficoltà davanti alle emozioni, proprie e degli altri, ed è il presupposto per lo sviluppo di questa nostra società malata di cinismo e indifferenza.
I genitori premurosi e attenti non viziano i loro bambini.
Li ascoltano, li comprendono e spiegano con pazienza le ragioni delle proprie scelte, senza lasciarli in balia di emozioni che ancora non comprendono e che devono imparare a gestire.
Ascoltare i bambini non significa viziarli.
Quelli che impropriamente vengono definiti bambini viziati sono bambini cresciuti nell’indifferenza e nel disinteresse dei grandi.
Bambini che gli adulti preferiscono ignorare, dandogliele tutte vinte, piuttosto che impegnarsi a spiegare le proprie scelte e fermarsi a comprendere le loro.
L’educazione non è una forma militare di addestramento all’obbedienza.
Educare significa aiutare i piccoli a manifestare le proprie qualità e i propri talenti in modo da poterli condividere con la comunità.
Per fare questo non c’è bisogno di lasciar piangere i bambini, è necessario, invece, dedicargli del tempo per comprendere le ragioni del pianto, per accogliere il loro dolore e per aiutarli a superarlo sviluppando comportamenti che ancora non conoscono e devono essere sperimentati insieme.
Basta guardare gli animali per rendersi conto che, in natura, nessuna mamma abbandona i suoi cuccioli quando piangono.
Le mamme animali curano i loro figli amorevolmente e con grande dedizione.
Soltanto quando i piccoli hanno imparato a muoversi autonomamente arriva il momento dello svezzamento e possono permettere loro una maggiore indipendenza.
Gli esseri umani, invece, ritengono di essere superiori alle altre specie animali ma poi, sommersi dal proprio intellettualismo, dimenticano i più elementari criteri dell’affetto e dell’accudimento della prole, dimostrando, purtroppo, una scarsa intelligenza emotiva.
Lasciare piangere i bambini è un atto disumano che insegna l’indifferenza e la crudeltà, facendo crescere adulti patologici, privi di sensibilità e inconsciamente torturati dalla solitudine.
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