Può darsi che, un tempo si mangiasse per vivere ma nel mondo occidentale oggi si vive soprattutto per mangiare!
Fare la spesa, preparare gli alimenti, cucinarli, masticarli, ingoiarli, ripulire, riordinare…
E ricominciare tutto da capo più volte al giorno.
Tutte queste attività impegnano una larga fetta del nostro preziosissimo tempo.
Tra amici poi, ci s’incontra per un caffè, per un aperitivo, per una pizza, per una spaghettata, per un boccone…
Non c’è riunione, formale o informale, che non diventi anche l’occasione per mettere qualcosa nello stomaco.
Sembra quasi che senza ingurgitare niente si perdano le ragioni dello stare insieme.
Matrimoni, battesimi, compleanni, feste e commemorazioni, finiscono sempre tutte in grandi abbuffate collettive.
Uomini e donne, giovani e vecchi, poveri e ricchi, single o sposati…
Il cibo bypassa ogni differenza sociale e occupa un posto d’onore nei ritrovi e nei pensieri di chiunque.
Sei felice? Mangia qualcosa di buono!
Sei triste? Mangia qualcosa di buono!
Ti senti solo? Mangia qualcosa di buono!
Non sai che fare? Mangia qualcosa di buono!
Il ritornello è sempre lo stesso, c’è sempre una ragione valida per indulgere col cibo!
Ma questa nostra spasmodica espressione alimentare, occulta bisogni ben diversi dal semplice desiderio di nutrirsi e fa leva su necessità interiori che con l’alimentazione hanno poco a che vedere.
L’oralità smodata che caratterizza la nostra società è fomentata da una cultura basata sulla prevaricazione e volta a favorire il sopruso, la violenza e l’abuso di pochi su tanti.
Basta pensare agli allevamenti intensivi, alla deforestazione o allo sfruttamento del terzo mondo.
Il cibo riveste un ruolo importante non soltanto per le modalità con cui viene prodotto ma soprattutto perché funziona come una droga e, come tutte le droghe, ci rende schiavi e dipendenti.
Mangiare, infatti, consente alla mente di rilassarsi e permette di non pensare(almeno per un po’).
Durante la digestione l’energia che normalmente utilizziamo per compiere le nostre attività si sposta dal cervello allo stomaco e il resto del corpo ne rimane sprovvisto.
Questo processo se da una parte ci lascia forse un po’ esausti dall’altra ci consente di prenderci una tregua dalla pressione dei pensieri.
Poiché tutta l’attività del corpo è catalizzata dalla digestione, spesso dopo mangiato ci sentiamo stanchi e… sedati.
È l’effetto antidepressivo del cibo.
Grazie al quale possiamo mettere in stand by i pensieri e goderci una gradevole pausa dalle angosce mentali di ogni tipo.
Ingerire qualcosa diventa perciò come prendere uno psicofarmaco ed è proprio grazie a questo effetto psicotropo che oggi mangiare è diventato tanto di moda!
La digestione ha l’effetto rilassante di un sedativo e di una droga ma è legale, priva di ricetta medica, economica e, soprattutto, perfettamente giustificata dall’alibi incontestabile della sopravvivenza.
L’industria alimentare (e non solo quella) sfrutta a piene mani le proprietà del nostro apparato digerente e, tenendoci costantemente in stato soporifero con banchetti, stuzzichini e rompi digiuno di ogni genere, agisce impunemente sul nostro sistema nervoso, approfittando della limitata autocritica della fase digestiva per far passare qualunque mistificazione della realtà.
“Mangiare è necessario per vivere… pensa ai bambini del terzo mondo!”
Su queste indiscutibili ragioni le multinazionali della alimentazione fanno leva costantemente per propinarci ogni genere di schifezze travestite da necessità.
Grazie al bisogno (indotto) di “mangiare… per vivere!” si può nascondere con facilità qualsiasi crimine e far passare messaggi che con il cibo hanno ben poco a che vedere.
Infatti, finché siamo impegnati a digerire, i pensieri si muovono più lentamente o addirittura… non si muovono affatto!
Il cibo funziona sempre come una droga e come tutte le droghe da dipendenza e ci costringe ad aumentare progressivamente le dosi per mantenerne inalterato l’effetto.
Incentivando i rituali sociali della nutrizione sono stati occultati tanti aspetti importanti delle relazioni, facendo in modo che l’oralità rubasse progressivamente il posto all’intimità.
Così oggi, condividiamo insieme i pasti invece che condividere noi stessi e preferiamo scambiarci le ricette piuttosto che scambiarci le emozioni.
L’ascolto dell’anima e del corpo è stato sostituito da innumerevoli riunioni, chiassose e goliardiche, in cui l’alcol e la varietà delle pietanze, ottundono la mente e anestetizzano il cuore.
Forse, in un tempo ormai molto remoto, la relazione tra gli esseri viventi aveva un posto di primo piano nella vita e stare insieme permetteva la condivisione dei sentimenti e delle culture.
Forse in quei tempi lontani gli esseri umani preferivano scambiarsi le verità dell’anima invece che tante elaborate ghiottonerie.
Mangiare non era ancora diventato il cerimoniale tribale in cui è stato trasformato ai nostri giorni e il cibo non aveva la funzione di distrarre il cervello ma serviva, caso mai, a ritemprarlo con pasti semplici e poco frequenti.
Oggi invece, tra aperitivi e merendine di ogni genere, abbiamo trasformato il rito frugale di un tempo nell’orgia di sapori privi di nutrimento che ci tiene costantemente affamati e denutriti… di verità!
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Una disamina veramente interessante Carla. Tutto vero.