Un modo di pensare inflessibile e coercitivo si annida in quei metodi educativi basati sull’uso delle punizioni e sul rispetto incondizionato di regole stabilite senza tante spiegazioni.
È chiamato adultocentrismo e fa parte di un’ideologia educativa che colloca gli adulti al centro del mondo, imponendo ai bambini di adeguarsi al loro stile di vita.
L’adultocentrismo ci porta a guardare le cose esclusivamente dal punto di vista dei grandi, senza considerare né rispettare la vita emotiva dei piccoli.
Sia l’adultocentrismo che la pedagogia nera basano i loro presupposti su una rigida struttura di potere.
E così facendo perpetuano realtà dominate dalla violenza e dalla mancanza di comunicazione.
Nell’adultocentrismo, infatti, il trauma (conseguente ai maltrattamenti fisici e alla mancanza di comprensione e dialogo) è considerato parte integrante dell’educazione, necessario a temprare il carattere e a forgiare adulti ubbidienti e rispettosi, sottomessi alla volontà del più forte.
Questo tipo di pedagogia, purtroppo, mira a eliminare tutte le peculiarità dell’infanzia a vantaggio di un pensare incasellato e preordinato, funzionale a far crescere bravi soldatini (che da grandi rispetteranno le gerarchie ed eseguiranno gli ordini senza discutere).
Sono metodi educativi che ignorano le peculiarità della psiche infantile e considerano i bambini alla stregua di piccoli adulti da addestrare e plasmare assecondando le esigenze di chi è più anziano.
Secondo i più comuni presupposti adultocentrici i bambini devono sempre ricordarsi che:
L’ultima parola spetta a chi è più grande.
Si devono rispettare gli adulti anche quando ci mancano di rispetto.
Piangere, soffrire e ascoltare i propri bisogni interiori è segno di debolezza.
Si può ridere e divertirsi solo quando i grandi lo ritengono giusto (cioè in occasioni stabilite: feste, spettacoli comici, eventi particolari).
Conviene parlare poco e solo quando è strettamente necessario.
Prima bisogna assolvere tutti i compiti assegnati e dopo, se rimarrà tempo, si potrà pensare a giocare.
È sempre meglio stare zitti e possibilmente non fare rumore.
La sensibilità denota stupidità, è preferibile non averla e non bisogna MAI mostrarla.
In tutte queste norme di comportamento l’ascolto e la condivisione delle emozioni e della vita interiore sono totalmente assenti.
I bambini devono adeguarsi ai comportamenti dei grandi e i genitori sono incoraggiati a usare punizioni, umiliazioni e castighi piuttosto che comprendere i bisogni dei propri figli e costruire con loro un rapporto di fiducia, condivisione e dialogo.
La realtà emotiva è ignorata, la sensibilità è giudicata d’intralcio e perciò da combattere, la fantasia è ritenuta pericolosa e fuorviante.
Tutto questo si ripercuote inevitabilmente sulla personalità in formazione dei più piccini, creando innumerevoli danni nello sviluppo della personalità, dell’autostima e del senso di efficacia personale.
A causa di queste regole coercitive, considerate impropriamente educative, nel corso del tempo, tante generazioni di bambini (oggi diventati adulti psicologicamente sofferenti) hanno subito mortificazioni e prevaricazioni da parte di chi avrebbe avuto, invece, il compito di tutelarli e di proteggerli.
Le conseguenze di questa educazione autoritaria e repressiva sono devastanti perché, tramandandosi da una generazione all’altra, creano un mondo sempre più carico di prepotenza.
Un mondo che abiura la sensibilità mortificando l’empatia e deridendo i sentimenti teneri, la gentilezza, la disponibilità, l’altruismo e la comprensione.
Un mondo che, negando la verità dell’infanzia e disprezzandone le caratteristiche, nasconde il dolore e la realtà delle emozioni.
Un mondo in cui prevalgono la discriminazione, il razzismo e lo sfruttamento di ogni forma di vita.
Un mondo che reprime la tenerezza e costringe chi ha un cuore a nascondersi dietro una maschera di impassibilità o, peggio, a ricorrere ai farmaci nel tentativo di zittire la propria sensibilità.
Un mondo che rispecchia la legge del più forte con la quale sono stati allevati i bambini.
La vita intima, la realtà interiore, l’emotività e tutto ciò che riguarda l’impalpabile ricchezza della sfera affettiva, sacrificato sull’altare del controllo e della razionalità, è oggi considerato inesistente e ridicolizzato.
Superare l’adultocentrismo, significa costruire con pazienza una cultura nuova, basata sull’ascolto dei bambini, sulla comprensione e sulla tolleranza della diversità e sull’integrazione e il rispetto della realtà interiore, sia dei piccoli che dei grandi.
Per uscire dalla spirale di violenza che oggi sta devastando la nostra società, bisogna partire dalle radici e dare forma a una cultura della sensibilità, consapevoli che solo gli adulti in grado di accettare il proprio mondo interiore potranno aiutare i bambini a crescere, accogliendone l’emotività senza reprimerla e senza traumatizzarla.
Una cultura cosciente che la forza di un uomo sta nell’accettazione della propria debolezza e non nella sopraffazione.
Una cultura capace di condivisione, fratellanza e rispetto per tutti gli esseri viventi: bambini e adulti, uomini e donne, esseri umani e animali.
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