“VADO IN VACANZA!” … partire o incontrare sé stessi?
Le vacanze sono una delle tante prescrizioni sociali che tutti noi dobbiamo assolvere periodicamente.
In origine dovevano essere un momento di riposo per recuperare le forze perse durante il lavoro, lo spazio in cui ripristinare l’ascolto interiore di se stessi e del proprio benessere.
Oggi il mercato propone droghe e divertimenti sempre diversi e sollecita la nostra curiosità suggerendo posti nuovi dove andare a spendere i soldi guadagnati faticosamente durante l’anno.
Partire nelle vacanze è diventata una necessità (quasi per tutti).
Chi vive al nord non vede l’ora di andare al sud e chi invece sta al sud è impaziente di trasferirsi al nord.
Viaggiare sembra essere il traguardo più ambito delle vacanze.
E per raggiungere questo fine siamo disposti a spendere molti soldi, sopportare estenuanti spostamenti, prenotare e organizzare ogni cosa con mesi di anticipo, rischiando di ritrovarci poi, il giorno della partenza, senza più l’entusiasmo previsto ma con l’inderogabile necessità di assolvere tutto ciò che era stato programmato in precedenza.
Le vacanze sono diventate un momento di evasione non solo dal lavoro ma, spesso, anche da se stessi.
I ritmi frenetici imposti dalla nostra civiltà non lasciano tempo per riflettere e per esplorare il mondo interiore.
Siamo talmente assuefatti a correre e disabituati a scoprire la nostra anima che durante i periodi di riposo (quando ci ritroviamo di colpo privi della stressante organizzazione quotidiana) andiamo incontro a un senso di disorientamento e disagio.
Ecco, allora, che il viaggio diventa un ottimo sostituto della frenesia lavorativa e le vacanze, più che essere un momento di riposo, si trasformano in un’alternativa all’agitazione di ogni giorno.
“Sei in ferie? Beato te! E dove vai?”
La domanda suona come un obbligo e presuppone l’inevitabile necessità di evadere.
Essere in ferie e restarsene a casa è considerato roba da malati, un’evenienza triste e decisamente sfortunata.
Partire è inevitabile!
È diventato (quasi) un dovere.
Serve a rispondere alle domande degli amici e ad aggiornare l’album dei viaggi (siamo andati qui, siamo andati lì, siamo andati là…).
Serve a sentirsi vivi.
Serve a sfuggire quell’assordante silenzio interiore che incombe quando ci si ferma.
Serve a continuare a correre… e a desiderare di rientrare al lavoro!
(Quando finalmente si riprenderà la vita di tutti i giorni, con qualcosa di più da raccontare agli altri e a se stessi)
Anche perché, diciamocelo, viaggiare non è per niente rilassante.
Cambiare letto, cambiare bagno, cambiare stile alimentare, cambiare fuso orario, cambiare clima, cambiare abitudini, sono eventi stressanti.
E a questo stress, si aggiunge lo stress delle convivenze (nelle case estive, in barca, in camper, in campeggio, ecc) spesso causa di tensioni e incomprensioni tra amici, parenti, vicini e conoscenti.
Insomma, di riposo non si tratta per niente.
Ma ciò che spesso rende le partenze così desiderabili è l’opportunità di evadere l’ascolto della propria anima e la riflessione sul significato della propria esistenza.
Partire serve (a volte) a evitare se stessi.
Perché niente rende più nervosi che ascoltare tutto quello che non ci siamo detti travolti dai mille impegni della vita quotidiana.
E niente rilassa di più che risolvere il disordine interiore.
Ci sono bisogni, desideri, cambiamenti… che attendono il momento del nostro riposo per rivelarsi e trovare attenzione, comprensione e soluzione.
Ci sono parole che abbiamo bisogno di dire a noi stessi, decisioni che dobbiamo prendere, trasformazioni che aspettano di essere attuate.
Tutto questo lavorio interiore permette lo strutturarsi di nuovi equilibri, è il rimo della crescita psicologica, la via per il benessere mentale e fisico.
Un benessere che poggia sul cambiamento, perché la vita è evoluzione e acquista senso e significato solo quando questa evoluzione può essere accolta ed espressa.
Certo, ci sono viaggi che permettono e agevolano il processo interiore.
Sono viaggi con se stessi e dentro se stessi.
Viaggi che non presuppongono necessariamente una partenza e un arrivo in località diverse del pianeta.
Ma che prevedono una partenza e un arrivo in identità diverse di sé.
E spesso, chi parte per questi viaggi non è chi ritorna indietro.
L’identità è un mutamento continuo di sé, capace di dare compimento ed espressione alla nostra poliedrica creatività interiore.
Non sempre è necessario partire per incontrare se stessi.
A volte occorre ritrovarsi nei luoghi dove si è smarrita la propria profonda verità.
“Quest’anno? Non mi sono mosso da casa. Eppure… ho fatto più esperienze che se avessi circumnavigato il mondo!”
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