Tutte le esperienze, le sensazioni e i sentimenti che abbiamo vissuto, sono sempre presenti nel nostro inconscio.
Dentro questo grande e immateriale archivio privato ogni cosa mantiene immutata la sua freschezza e la sua vitalità nonostante il tempo che passa.
Finché siamo bambini l’accesso alle conoscenze interiori è facile e immediato ma crescendo le memorie si accumulano, la ragione rivendica la sua leadership e, progressivamente, perdiamo l’abitudine di andare a rovistare in quella soffitta delle consapevolezze passate.
Diventando adulti finiamo per concentrare tutta la nostra attenzione sulla concretezza dei fenomeni fisici e il mondo immateriale, snobbato e ridicolizzato, ci diventa ignoto.
Purtroppo però, allontanandoci dall’impalpabile sapienza dell’inconscio, perdiamo la ricchezza e l’entusiasmo che sono propri dei bambini (e che ci permetterebero di trasformare gli ostacoli in opportunità) e lasciamo che i doveri diventino i nostri unici maestri.
Costretti a confrontarci soltanto con ciò che si può toccare (e possibilmente anche monetizzare) la nostra vita perde di significato.
Le sensazioni, le intuizioni, le emozioni e i ricordi nella nostra società sono considerati delle cose futili, ingenuità da bambini.
Si deve produrre e comprare, riempire le mancanze con gli oggetti, possedere prodotti che non bastano mai!
Ma il vuoto immateriale dell’amore non si colma con la materialità dell’esistenza.
E i farmaci che anestetizzano il cuore, zittiscono soltanto i sintomi senza curare il dolore.
La crisi economica che stiamo attraversando è prima di tutto una crisi della materialità.
Per uscire indenni dai terremoti politici e monetari è indispensabile recuperare quel contatto interiore che abbiamo perso diventando adulti.
TUTTTI GLI ADULTI SONO STATI BAMBINI
Il bambino che siamo stati vive, da sempre, nel nostro inconscio.
E aspetta.
Sa che una volta cresciuti potremo finalmente prenderci cura di lui.
Diventare grandi ci ha costretto a ignorarlo perché eravamo troppo impegnati a costruire delle basi solide per la sopravvivenza fisica.
Tuttavia, raggiunta la maturità trascurare il bambino interiore è una mancanza grave che limita l’espressione dei talenti e della creatività.
La parte bambina conserva dentro di sé tutti i segreti e le memorie dell’infanzia e, accucciata in un angolo della nostra anima, attende il momento di raccontarsi all’uomo o alla donna che siamo diventati.
Come ci insegna il Piccolo Principe: “Tutti gli adulti sono stati bambini ma, siccome pochi se ne ricordano” corriamo nella vita sempre più indaffarati e indifferenti a quei richiami che non hanno voce.
Incontrare il bambino interiore vuol dire aprirsi all’ascolto di una parte infantile che conosce il codice immateriale delle emozioni, delle sensazioni e delle intuizioni e ad un dialogo fatto di stati d’animo più che di parole.
Di solito in un primo momento il racconto riguarda la sofferenza e il dolore.
L’infanzia non è il paradiso dorato e idealizzato che gli adulti amano raccontarsi, al contrario, è popolata di momenti bui, carichi di paure e d’inesperienza.
Il nostro bambino ha sofferto i drammi e i traumi che costellano la strada per diventare grandi e tante volte si è sentito solo, senza nessuno con cui piangere e a cui confidare i suoi dispiaceri.
Quando lo avviciniamo dentro noi stessi incontriamo un cucciolo guardingo e diffidente, poco disposto a credere agli adulti.
Per fare amicizia e aiutarlo ad aprirsi bisogna avere molta pazienza e rispettare i suoi tempi dimostrandogli interesse e affetto.
Con continuità.
Scegliete una foto di quando eravate piccoli.
Possibilmente una in cui ci siete soltanto voi.
Mettetela in un punto, dove potete osservarla spesso.
E ogni tanto fermatevi a parlare con quel bambino.
Guardatelo negli occhi.
Ascoltate i suoi pensieri.
Oltrepassate le apparenze, i vestitini della festa, le maniere scherzose.
Apritevi al suo cuore.
Ditegli con amore e con sincerità, chiamandolo per nome:
“Ti voglio bene.”
E poi abbiate pazienza.
E ricominciate tutto daccapo.
Perché una volta sola non basta.
Con i bambini ci vuole costanza, tenerezza e dedizione.
Quando il vostro bambino interiore comincerà a fidarsi di voi per prima cosa vi dirà i suoi tormenti e, come tutti i bambini, lo farà quando lui se la sente (e non quando voi ritenete che sia il momento giusto per farlo).
Può succedere mentre state lavorando, mentre siete soprappensiero, quando parlate con qualcuno… di colpo vi sentite tristi, vi viene voglia di piangere, desiderate stare soli.
Quei sentimenti (poco pertinenti con la situazione che state vivendo) sono il segnale che il vostro bambino ha cominciato a parlarvi e vi sta raccontando le angosce che ha vissuto.
Voi e lui siete un’anima sola e il suo racconto prende forma nelle vostre emozioni.
Più che con le immagini, vi parla con le sensazioni.
Se saprete accoglierlo, senza dare giudizi e senza allontanarlo, dopo il dolore arriverà l’entusiasmo a colorare la vostra vita di opportunità.
Il bambino che siete stati non cerca consigli e non vuole maestri per la sua tristezza ha bisogno soltanto di essere ascoltato con tenerezza e partecipazione.
Ai bambini non servono lezioni sui sentimenti che sarebbe giusto provare di momento in momento, hanno, invece, bisogno di qualcuno che sia capace di condividere quelle emozioni insieme con loro.
Quando costruite un rapporto con la parte infantile, la vita cambia e si trasforma in meglio.
Ben presto il dolore lascia il posto alla gioia.
E la gioia dei piccoli è contagiosa.
Riempie di passione.
Porta nuove possibilità.
Tutti noi siamo sempre i bambini che eravamo insieme agli adulti che siamo diventati.
Ascoltare la parte bambina spinge a fare le cose che piacciono ai bambini.
Compratevi un giocattolo.
Attaccate una stellina… lasciate che le parti infantili affianchino la maturità.
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