COME AVVIENE LA COMUNICAZIONE CON CHI NON HA UN CORPO
La comunicazione con gli esseri incorporei utilizza la percezione interiore e rispetta le regole immateriali del cuore: a-temporalità, soggettività, emotività.
Le persone che non hanno un corpo, non avendo più una bocca per parlare né orecchie per ascoltare, non possono usare il linguaggio.
La relazione con loro può avvenire soltanto grazie alle leggi basate sulla risonanza interiore.
Il nostro stile di vita censura tutto ciò che riguarda la sensibilità e l’emotività.
Preferiamo parlare delle cose che ci sono successe concretamente, piuttosto che soffermarci su quello che è avvenuto intimamente.
Tuttavia, per ricongiungerci a chi no ha più un corpo la solidità abituale non serve.
Al contrario, ci distoglie dalla loro realtà e impedisce il contatto.
I nostri cari ci inviano messaggi che dobbiamo imparare a decodificare usando il nostro cuore.
Con loro si può parlare in qualunque momento e di qualsiasi argomento ma la risposta si servirà di un linguaggio fatto principalmente di sensibilità individuale.
Questo ai nostri giorni può essere molto più sconveniente e scandaloso del sesso!
Siamo abituati a parlare senza imbarazzo delle cose concrete ma proviamo vergogna nel condividere le emozioni e le esperienze interiori.
Tutto ciò che è soggettivo è accusato d’inattendibilità e bollato col marchio infamante dell’inesistenza.
Si dice scherzosamente che:
“Nessun morto è mai tornato a raccontarci nulla!”
Be’… se anche lo avesse fatto (e certamente molti lo hanno fatto) non lo avremmo saputo comprendere perché non avrebbe potuto usare altro linguaggio che quello interiore, soggettivo ed emotivo.
Un linguaggio che abitualmente non ascoltiamo e non consideriamo importante né reale.
Ma cosa significa linguaggio interiore, soggettivo ed emotivo?
Il linguaggio del cuore è sempre soggettivo ed emotivo.
Soggettivo significa che esiste all’interno dell’esperienza individuale.
Nessun altro può sentirlo, provarlo, sperimentarlo.
Il linguaggio soggettivo riguarda solo me e un altro essere.
Emotivo vuol dire che è fatto di emozioni e stati d’animo, ed è relativo a ciò che sentiamo dentro.
I vissuti emotivi accompagnano tutte le esperienze che facciamo, concrete e no.
Sfortunatamente non gli attribuiamo grande importanza e il disinteresse si traduce in una scarsità di parole per definire i sentimenti.
I termini che abbiamo per indicare gli stati d’animo riguardano le emozioni più intense: amore, gioia, rabbia, odio, nostalgia, tenerezza…
Ci sono pochi vocaboli per definire vissuti sfumati come, ad esempio, la serenità, la malinconia o la dolcezza.
Come stai?
Bene o male.
Benissimo o malissimo.
Splendidamente o pessimamente.
Una favola o un orrore.
Altrimenti?
Se il mio stato d’animo non si colloca in uno di questi due estremi?
Qualcuno risponde:
“Normale…”
Qualcun’altro dice:
“Neutro…”
“Così così…”
E si fa ballare la mano.
“Insomma…”
E si guarda in alto.
“Sto…”
“Vado avanti…”
“Andiamo…”
“Al solito…”
“Come sempre…”
“Si tira avanti…”
“Meglio non parlarne…”
Parole scarse e poco espressive che segnalano la mancanza di attenzione per i mondi psicologici.
Gli esseri che non hanno corpo esistono nella stessa dimensione intangibile della psiche e delle emozioni, e usano proprio queste ultime per dialogare con noi.
Se la nostra attenzione è interamente focalizzata sulla materialità non riusciremo a percepire il loro linguaggio e penseremo di averli persi per sempre.
Quando invece prestiamo maggiore attenzione al mondo interiore le emozioni diventano un codice che essi utilizzano per avvicinarci.
Se il corpo non c’è più non ci sono nemmeno più un IO e un TU che si fronteggiano ma al loro posto c’è un INSIEME che unisce.
Il legame è un vissuto di unione all’interno del quale possono aver luogo gli scambi con coloro che sono privi di fisicità.
Le persone che hanno fatto questo tipo di esperienze riferiscono uno stato di grande benessere e raccontano la sensazione di appartenenza che caratterizza l’incorporeità.
Tutti quanti, però, incontrano sempre molte difficoltà nel cercare di tradurre in parole il vissuto intimo dell’incontro.
Il nostro linguaggio, come ho detto, è scarso di vocaboli e presenta molti limiti nel definire ciò che è immateriale.
Nonostante queste difficoltà, però, le esperienze di contatto e condivisione con chi non ha più corpo sono tante e tutti, superato il primo momento di imbarazzo, riferiscono consapevolezze simili, non nei contenuti (che appartengono alla storia di ciascun legame) ma nelle modalità con cui le comunicazioni si manifestano.
Secondo quanto mi è stato raccontato (nel segreto della mia professione), gli incontri impalpabili con gli esseri incorporei avvengono sempre:
mentre si è soprappensiero
quando si è sereni (il dolore e la paura precludono la possibilità di avere uno scambio di qualsiasi tipo)
e sono sempre:
accompagnati da una sensazione di benessere
un’esperienza del tutto naturale
dentro a un legame che prosegue ininterrottamente a prescindere dalla corporeità
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