AFFRONTARE LA MORTE CON LA MENTE E CON IL CUORE

AFFRONTARE LA MORTE CON LA MENTE E CON IL CUORE

Per valutare ciò che ci succede, utilizziamo abitualmente due diverse modalità di conoscenza.

Una è basata sull’utilizzo dei cinque sensi, la percezione sensoriale, e l’altra poggia sulle percezioni interiori, la percezione del cuore.

Normalmente integriamo le informazioni che ci arrivano da queste due forme di conoscenza in un’unica conclusione che le comprende entrambe.

Facciamo questo spontaneamente e automaticamente, quasi senza rendercene conto.

Cosa succede, però, quando le due modalità si trovano in conflitto?

Vi sarà certamente capitato di provare diffidenza nonostante i modi affabili e gentili di qualcuno.

La percezione interiore vi segnala che qualcosa non va, mentre la percezione esteriore vi mostra che tutto è ok.

Nei casi in cui le informazioni dei sensi e quelle del cuore sono in conflitto, il senso comune tende ad avvalorare la percezione sensoriale a discapito di quella del cuore.

Questo perché abbiamo imparato a credere vero soltanto ciò che si può toccare, gustare, annusare, vedere o ascoltare.

Mentre a quello che si sente dentro, non è riconosciuta nessuna verità.

Le chiamiamo impressioni e non vi attribuiamo troppa importanza.

(Almeno finché la vita non ci dimostra con i fatti la loro veridicità.)

Costruiamo i nostri ragionamenti logici sulle informazioni sensoriali e spesso arriviamo a conclusioni improprie.

Ci spaventa ascoltare il cuore perché ottiene il suo sapere senza utilizzare la ragione.

Il cuore conosce in maniera istintiva.

Cioè di colpo.

Come un’illuminazione.

È il modo dell’emisfero destro di ottenere le informazioni.

(Ricordate? L’emisfero destro del cervello non ha la sequenza… IL CERVELLO DEI CREATIVI).

Purtroppo il conflitto tra la mente e il cuore è all’origine di tante sofferenze psicologiche.

Infatti, le impressioni che riceviamo dal cuore sono preziose e vitali per il benessere psicologico.

Andrebbero sempre considerate perché trascurarle, o peggio negarle, provoca sofferenza e malattia.

Il cuore ci dice cose che la mente non sa e non conosce.

La mente ragiona.

Il cuore ama.

Sono due cose diverse.

L’amore non è logico ma senza non si può vivere.

Forzare l’amore a seguire la logica non è possibile.

Mente e cuore devono essere gestiti insieme riconoscendo a ciascuno la propria specificità e autonomia.

Nessuno dei due è migliore dell’altro.

Ci sono cose che il cuore non capisce.

E ci sono cose che la mente non sa.

Entrambi sono indispensabili per una vita soddisfacente.

AFFRONTARE LA MORTE CON LA MENTE E CON IL CUORE

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UN LUTTO DI SERIE B

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Giovanna viene di nascosto, marito e figlio non approverebbero mai il suo bisogno di chiedere aiuto.

Al primo appuntamento non riesce neanche a parlare che subito scoppia in lacrime.

“Mi vergogno…” borbotta tra i singhiozzi “…sto troppo male… non rida, dottoressa, la prego!”

Ma non trovo nulla da ridere in quel dolore così lacerante e urgente da non poter essere rimandato.

“Piango tanto… però di nascosto… so che non dovrei… in casa non vogliono…”

Le porgo la scatola dei fazzolettini e aspetto che il pianto defluisca un poco per capire le ragioni di quella vergogna.

“Non riesco a darmi pace…” continua riprendendo a singhiozzare come una bambina “…è per via di Rosita… la mia pappagallina… è volata via…”

Di nuovo le lacrime la sopraffanno.

“Era una pappagallina gialla e verde, come ce ne sono tante, ma per me… era speciale… come una persona, una bambina…”

Si asciuga gli occhi cercando di assumere un atteggiamento più controllato.

Due lacrimoni silenziosi continuano a rigarle le guance mentre mi racconta la sua disperazione.

“Mangiava con noi e poi si addormentava appollaiata sulla sveglia, affianco al letto di mio figlio, con la testolina nascosta sotto l’ala. Avevo scelto io il nome Rosita e quando la chiamavo si veniva a posare sul dito… che bellina! Mi dava tanta gioia!”

Un sorriso fa capolino tra le lacrime mentre Giovanna continua a raccontare.

“In casa la lasciavamo libera. Naturalmente con le finestre chiuse. E quando dovevamo partire la portavamo con noi nella sua gabbietta. Era tenera …”

Riprende a piangere sommessamente.

“Qualche mese fa mio figlio l’aveva sul dito… è sceso giù per aprire il portone… e lei è volata come faceva sempre… solo che la porta era già aperta… e così, senza rendersene conto, si è trovata fuori!… all’aperto…”

Singhiozza sconsolata senza riuscire a fermarsi.

“C’era vento… Rosita non è abituata alle correnti… non è stata capace di tornare indietro… l’abbiamo chiamata e cercata… dappertutto… ma non c’è stato nulla da fare… era come stordita… non sapeva governare il volo nell’aria libera…”

Giovanna sminuzza il fazzolettino di carta cercando inutilmente di trattenere il pianto.

“Da allora non mi do pace. Ho messo annunci in tutto il quartiere. L’ho cercata ovunque. L’ho chiamata fino a perdere la voce. Nulla…”

Le lacrime le rigano nuovamente il viso.

“O se l’è presa un gatto… o chissà dov’è finita… magari l’avesse trovata qualcuno che le vuole bene! Io sarei contenta! Mi basterebbe saperlo. Invece penso che sia morta! E mi sento così stupida per non averla potuta aiutare… lei si è fidata di me… di noi… di mio figlio… e nessuno l’ha protetta come si aspettava…poverina!”

Mi guarda impotente asciugandosi gli occhi con un fazzoletto di carta ormai a brandelli.

“Eravamo tutto il suo mondo…”

Il mio silenzio non giudica e Giovanna può condividere quel dolore.

Un dolore colpevolizzato perché rivolto a un uccellino.

Il cuore ama.

La mente non approva.

Succede spesso.

La soluzione non è prevaricare il cuore con la ragione.

Bisogna comprendere che esistono dentro di noi due modi diversi d’interpretare la vita.

Vanno gestiti senza pretendere di uniformarli.

La strada che porta a un mondo migliore passa attraverso l’accettazione di sé e del proprio modo di amare.

“Mio marito e i miei figli me ne volevano regalare un’altra… uguale… ma io non ho voluto. Non sarebbe Rosita!”

Giovanna continua il suo racconto incoraggiata dal mio consenso.

“Loro non mi capiscono. Dicono che sono proprio matta… Per questo non ho detto a nessuno che venivo da lei! Non voglio essere considerata pazza… anche se, a volte, penso che abbiano ragione… forse non sono normale… soffrire tanto… solo per un uccellino…”

Mi guarda interrogativa in attesa della mia condanna o della mia assoluzione.

Le propongo di rivederci ancora per quattro incontri.

Serviranno a far sentire Giovanna del tutto sana nell’ascoltare il suo cuore e per aiutarla a non rinnegare la sofferenza davanti agli altri.

Rosita merita il suo dolore e anche un funerale simbolico.

La sua scomparsa non è una patologia e non deve essere curata ma ha bisogno di comprensione e di significato.

La sofferenza per la perdita di qualcuno che abbiamo amato deve essere rispettata e condivisa.

Anche se si tratta di qualcuno che appartiene ad una specie diversa.

Il cuore non è normale.

È vero.

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