“Si vede bene solo con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.”
Antoine de Saint-Exupéry
Quando muore una persona cara il legame che ci ha unito resta.
E diventa più grande e più forte.
Per poterlo riconoscere, però, occorre imparare a vedere, toccare e sentire con il cuore.
Il cuore riconosce la presenza anche di chi non ha più un corpo.
La presenza fa parte del legame.
Il legame non ha nessun corpo.
Il cuore è abituato a vedere, sentire e toccare tutto ciò che non ha corporeità.
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MA COS’E’ LA PRESENZA?
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La presenza è qualcosa d’impalpabile che permea ogni essere, è una specie di atmosfera, l’allure che circonda le persone.
In teatro la presenza scenica indica il carisma di un attore.
Fuori dai teatri se ne parla poco.
Di solito non facciamo caso alla presenza delle cose e degli esseri.
I sensi fisici ci distraggono.
Siamo abituati a riconoscere soltanto le percezioni sensoriali e non diamo importanza a quello che invece sentiamo dentro.
Ascoltiamo il cuore solo se ci invia dei segnali molto forti.
Quando muore qualcuno che amiamo ci ricordiamo di avere un cuore.
Il dolore che si prova non riguarda i sensi, è un dolore interno che attanaglia l’anima.
Non è concreto, non è quantificabile, non è scientifico.
Ma è reale.
In quei momenti ci accorgiamo, improvvisamente, della percezione del cuore.
La sofferenza annichilisce e spesso finiamo per imbavagliare il cuore con i farmaci.
Tuttavia, se stiamo attenti ci accorgiamo di provare sempre qualcosa di non riconducibile ai cinque sensi e possiamo notare le percezioni cardiache in ogni istante della nostra vita, davanti a persone, luoghi, cose, circostanze ed eventi.
Di solito non le ascoltiamo… ma le abbiamo.
Quando entriamo in una casa, per esempio, siamo avvolti dalla sua atmosfera.
Possiamo guardare gli arredi, la luce e i colori, possiamo sentire la temperatura e l’odore ma, in aggiunta a queste percezioni fisiche, abbiamo una sensazione interna che ci racconta qualcosa e ci parla della casa e del modo di essere dei suoi abitanti.
Il nostro materialismo (troppo radicato) spinge a trovare solo motivi concreti per giustificare le impressioni interiori ma non sempre questa traduzione dei significati immateriali in informazioni materiali riesce bene.
Vi sarà capitato di entrare in un appartamento pulito, ordinato e curato… e di sentirvi a disagio.
La padrona di casa è gentile, vi fa accomodare, vi offre qualcosa.
Eppure quella sensazione non passa.
Non c’è una ragione, è tutto ok però… in quel posto non state bene.
A volte può bastare solamente cambiare stanza, per veder scomparire il malessere.
A volte il disagio resta addosso finché non ve ne andate.
Appena uscite dall’abitazione la sensazione passa.
Il disagio di cui stiamo parlando è un’informazione che avete percepito con il cuore e appartiene al legame tra la casa e chi ci vive.
Vi fa sapere che c’è qualche fastidio.
Avvertiamo sempre la presenza delle persone.
Quando siamo con qualcuno, sentiamo la sua presenza.
La sentiamo anche stando in silenzio.
Anche se ognuno legge qualcosa per conto suo.
Anche se non ci si guarda, non ci si tocca e non ci si parla.
È la ragione per cui i bambini si trasferiscono con i loro giocattoli appresso agli adulti, invece che giocare nella stanza dei giochi.
Quando qualcuno muore, la sua presenza non muore.
Il legame si amplifica dopo la morte e la presenza si fa sentire di più.
Ma, purtroppo, il nostro pensiero imbevuto di materialità traduce la percezione cardiaca della presenza in assenza.
Mi manca!
Non c’è più.
Non devo pensarci.
Mi ci devo abituare.
Questi pensieri ottundono la percezione della presenza di chi non ha più un corpo.
La presenza fa parte del legame.
Possiamo avvertire e sentire il legame soltanto usando il cuore.
Per accorgerci della presenza di chi amiamo dobbiamo riconoscere al cuore un potere di conoscenza.
Per farlo bisogna ammettere che le sue percezioni hanno la stessa importanza che di solito attribuiamo alla mente, al sistema nervoso e al cervello.
E comprendere che ciò che sente ha realtà.
Definiamo normale un tipo di percezione basato esclusivamente sui cinque sensi.
E, spesso, ci sentiamo poco normali nel riconoscere la stessa importanza alla percezione interiore.
Ma nell’A-normalità di ascoltare il proprio cuore sta la salute mentale e la via per costruire un mondo migliore.
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