Uscire dalla dipendenza alimentare è un cammino di conoscenza.
L’accesso a un diverso modo di nutrirsi segna un’importante trasformazione nella crescita individuale e rivela comprensioni altrimenti inaccessibili.
La maturità è fatta di conquiste successive che sviluppano una crescente abilità nell’accogliere il significato della vita.
Tuttavia, come in ogni rito di passaggio, per conquistare un nuovo stile alimentare è necessario superare delle prove.
Ogni iniziazione, infatti, è correlata a una simbolica morte e rinascita che comprende la fine dell’esistenza su un livello e l’ascensione al livello successivo.
Durante il cambiamento le tappe da attraversare riguardano trasformazioni fisiche, mentali, emotive, psicologiche e spirituali.
Spesso sono impedimenti interiori che, una volta superati, ci guidano alla scoperta di una nuova etica, rivelando una saggezza più rispettosa dell’esistenza.
Nel mio percorso personale e professionale ho individuato sei ostacoli ricorrenti:
lo stomaco vuoto
la memoria cellulare
la paura dell’ignoto
la paura di morire
la paura della leggerezza
la paura della Totalità
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LO STOMACO VUOTO
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Una volta presa la decisione, la sfida più grossa riguarda la sensazione di avere lo stomaco vuoto.
E mette in luce il gioco socioeconomico volto a tenerci schiavi di una dipendenza nascosta dietro l’alibi della sopravvivenza.
Ci viene insegnato che mangiare è indispensabile per vivere.
Eppure…
Mentre il digiuno è uno strumento fondamentale per ripristinare la salute (gli animali lo utilizzano spontaneamente), la sovralimentazione è la causa più frequente di malattia.
Il bisogno smodato di mangiare è il sintomo di una disfunzione e la conseguenza inevitabile di una mancata accoglienza del valore della vita.
Ciò che cambia durante il percorso verso scelte più sane è il significato attribuito all’esistenza.
E la chiave che permette di accedere a soluzioni nuove (non più basate sulla violenza e attente all’energia che permea la creazione) è proprio la sensazione di avere lo stomaco vuoto.
L’ascolto intimo dell’empatia consente di accogliere il dono della vita per condividerlo nel mondo grazie a un atteggiamento riconoscente.
Infatti, quando il benessere si accompagna al dare: comprensione, ascolto, riconoscimento, gratitudine… la pienezza non riguarda più lo stomaco ma il cuore.
Se il cuore è pieno la fame sparisce e la realtà acquista un sapore nuovo.
La capacità di avere lo stomaco vuoto è il primo passo verso un modo di essere rispettoso e attento alla vita.
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LA MEMORIA CELLULARE
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Le nostre cellule mantengono il ricordo delle emozioni che abbiamo vissuto.
Queste memorie condizionano gli atteggiamenti, rendendo difficile l’acquisizione di comportamenti nuovi.
Cambiare vuol dire percorrere una strada solitaria, priva della condivisione con la maggior parte delle persone vicine.
La memoria cellulare conserva le sensazioni legate alle tradizioni della nostra famiglia e del nostro paese.
Quando decidiamo di seguire un criterio alimentare diverso dal consueto è importante vivere e condividere emozioni gratificanti, in modo da affiancare ai ricordi antichi (impressi nelle cellule) le nuove competenze.
Un’adeguata programmazione di valori più rispettosi del benessere e della vita sostiene il cambiamento, aiutandoci a vivere le trasformazioni che accompagnano le nuove scelte.
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LA PAURA DELL’IGNOTO
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Cambiare significa abbandonare le certezze per affrontare la novità.
Durante le fasi di progettazione può apparire esaltante vivere esperienze sconosciute.
Tuttavia, nella pratica insieme all’entusiasmo si attivano tante paure.
Ciò che non conosciamo suscita sospetto e timore.
L’ignoto è guardato con diffidenza e rende difficile portare avanti i progetti.
Nonostante le consuetudini ci tengano intrappolati dentro situazioni invivibili e irte di difficoltà, l’ansia di affrontare la novità paralizza spesso le risorse evolutive creando i presupposti della malattia.
La paura dell’ignoto affianca la paura della morte e tiene in scacco il desiderio di sperimentare situazioni migliori.
Occorrono forza di volontà e determinazione per abbandonare l’apparente sicurezza che deriva delle abitudini e avventurarsi in territori ancora inesplorati.
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LA PAURA DI MORIRE
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Spesso è la paura di morire il motivo per cui abbandoniamo tutto e torniamo a seguire un’alimentazione sbagliata.
Nella realtà ciò che muore sono le abitudini alimentari malsane, i pregiudizi e il bisogno di uccidere per vivere.
Al loro posto prende forma uno stile di vita armonico e rispettoso delle altre creature.
Ma la mancanza di approvazione può diventare insopportabile e costringerci ad abbandonare tutto.
Lo spauracchio della morte agisce scatenando insicurezze e paure.
Rinunciare al consenso di amici e parenti presuppone una profonda riflessione interiore e un ascolto attento della propria intima verità.
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LA PAURA DELLA LEGGEREZZA
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Quando diminuisce la quantità di cibo che l’organismo è abituato a consumare quotidianamente si sperimenta una leggerezza nuova.
Sembra quasi che il corpo modifichi la propria densità e la forza di gravità agisca diversamente.
Il pensiero diventa veloce, la comprensione limpida, i colori vividi, l’udito pronto, le movenze sciolte… tutte le percezioni si potenziano e i sensi sottili si attivano.
Un’alimentazione sana regala sensazioni nuove e avvicina a un mondo altrimenti invisibile.
Aprirsi all’accoglienza di tutte le forme di vita spalanca le porte alla scoperta di nuovi piani dell’esistenza.
Tutto questo può creare un senso di disorientamento e di vertigine.
Non è facile passare dall’intorpidimento causato da una dieta tossica alla scoperta di potenzialità inespresse.
È necessario imparare a leggere la realtà con uno sguardo capace di contenere l’infinito.
Aprirsi alla Totalità significa scoprire una parte di sé in ogni cosa che esiste, rinunciando per sempre ai privilegi e alla prepotenza nella quale siamo cresciuti.
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LA PAURA DELLA TOTALITÀ
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Avvicinarsi all’idea della Totalità significa allontanarsi dalle coordinate spazio temporali con cui abbiamo imparato a muoverci nel mondo.
La mente perde la sua sicurezza e ci si ritrova in un territorio scivoloso dove tutto e il contrario di tutto possiedono il medesimo valore.
Il linguaggio dei paradossi appartiene all’Amore e alla Totalità ma sfugge alla linearità cui siamo abituati, facendoci sentire vittime di una pericolosa schizofrenia.
Ciò nonostante, il desiderio di raggiungere una comprensione più ampia spinge ad aprirsi all’impossibile guidandoci a contattare una saggezza fatta di intuizioni e basata su una conoscenza soggettiva, empirica e affettiva.
È il linguaggio dell’amore.
Gli animali lo conoscono d’istinto.
Gli esseri umani, invece, devono misurarsi con la pretesa egocentrica di poter padroneggiare l’esistenza.
Uscire dalla dipendenza dal cibo significa avvicinarsi a una libertà in cui tutto (ma proprio tutto) manifesta il suo valore e il suo diritto di esistere.
Per superare la paura della Totalità è importante aprirsi a una conoscenza fatta di sensazioni e di acquisizioni interiori, lasciando emergere la propria intima spiritualità.
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